Taranto. Cuore d'acciaio

Il dramma della città pugliese e dell'Italia. Cosa conta di più: le leggi di mercato o le vite umane?

Taranto. Cuore d'acciaio

L'ILVA E IL DRAMMA DELLA CITTA' DI TARANTO. In tutto il nostro paese non c’è un luogo che è comparabile a Taranto, la più grande città industriale del Sud e nello stesso tempo quella con la peggiore qualità della vita di tutta la penisola. Chi ha creato questo circolo vizioso? Chi ha pensato che l’industrializzazione e l’urbanizzazione selvaggia fossero le chiavi del benessere di una comunità? E chi ha illuso i cittadini con la modernità e il benessere, inebriandoli di visioni di enormi centrali siderurgiche e grandi prati verdi, complessi petrochimici e acque limpide?

PROGRESSO VS. BENESSERE. Chiunque sia stato, oggi possiamo dire per certo che le radiose promesse di progresso non sono state mantenute, per Taranto la modernità è stata solo un miraggio. Il sogno che si è stati così disponibili ad accogliere si è trasformato in un incubo frustrante. Taranto oggi è un’isola di povertà cinta da ogni parte da un mare di diossina. Dovunque si vada c’è polvere nera. Rotola giù sulle strade dissestate ed entra negli occhi, nel naso e nella gola. Passa nei cortili delle scuole, sposta le tende delle case e logora i polmoni dei bambini che hanno come unico divertimento quello di tirare i calci ad un pallone in mezzo alla strada. Com’è potuto avvenire tutto questo nella moderna e civile Europa? Cosa conta di più a Taranto per le leggi di mercato?

COSA CONTA DI PIU'? La risposta in cuor nostro già la conosciamo. L’acqua che si beve, l’aria che si respira, tutto vale meno dell’acciaio che si produce e che, in quanto generatore di ricchezza, vale anche molto di più di uno qualunque dei fanciulli di quella terra. D’altronde se non fosse così, se almeno i bambini fossero stati trattati con lo stesso tatto con cui gli operai di tutto il mondo sono costretti a maneggiare la lega di ferro e carbonio che fabbricano, oggi gli ospedali ed i cimiteri non sarebbero pieni dei loro figli.

Francesco Mimola