Come As You Are

Un ricordo dell'indimenticabile Kurt Cobain, leader dei Nirvana. Oggi avrebbe compiuto 45 anni

Come As You Are

Questo articolo è stato scritto il 5 aprile 2004 per un fatto capitato 10 anni prima, ma che ha segnato profondamente la nostra generazione. Ve lo riproponiamo in forma integrale così com'è stato concepito per il giornale sul quale è stato pubblicato.

UN RICORDO GENERAZIONALE - Esattamente dieci anni fa (Ndr, 1994) stavo andando a Parigi. Avevo diciotto anni e frequentavo l’ultimo anno del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci. A fine giugno avremmo dovuto sostenere gli esami di maturità, ma per me quella prova non rappresentava una grossa preoccupazione. Anzi, a dirla tutta: non me ne fregava un bel nulla! Molti di noi, infatti, rischiavano di non essere  ammessi. E allora? Cosa importava? L’estate appariva ormai vicina e la città (Pescara) sembrava bellissima. Eravamo giovani e felici, tutti tranne i professori. Il terzo millennio, all’orizzonte, per noi era come la Cina, come la globalizzazione, come Bill Gates, il Popolo di Seattle e internet: lontani dieci miliardi di km! Semplicemente vivevamo il presente. Il domani, il futuro non esistevano e non ci interessava. Amabili e vivaci, sorridevamo alla vita. Profumati come verdi resine, discernevamo di musica e politica, di arte e poesia. Progettando interail, parlavamo di viaggi e fughe verso la libertà. Adoravamo Amsterdam. I tatuaggi. Sognavamo Londra, un desiderio femminile e ovviamente… vivere un mondo migliore.

UN TUFFO NEGLI ANNI '90 - La realtà - quella importante fatta di scelte come l’università o il lavoro o il servizio militare - attendeva, semplice ma vigile, tra le spire meno luccicanti della memoria. Era ancora troppo presto. I più “maturi” avrebbero trovato il coraggio di affrontarla più in avanti. Dopo gli esami di stato. Sotto i cieli azzurri dell’estate del 1994. Quella degli indimenticabili mondiali di calcio USA. Allora qualcuno già sapeva come sarebbe andata a finire. Non certo io. Ripeto. Allora, eravamo tutti giovani e felici. Io, per esempio, solo sentivo una gran voglia vivere. Un segno dei tempi. Come un desiderio, saziarmi di emozione ed esperienza. E così fu. Purtroppo, però, quel fresco mattino d’aprile lascerà un ricordo indelebile nelle giovani menti dei ragazzi che, come me, dieci anni fa si erano trovati sul treno Bologna-Parigi per festeggiare i primi esaltanti momenti di gita. Whisky a go go e rock & roll. Erano gli anni Novanta. Era l’8 aprile 1994.

UNA NOTIZIA TERRIBILE - Poco prima di arrivare a la Gare de Lyon, la mitica atmosfera del viaggio s’incupì paurosamente. Una notizia, terribile e incontrollata, ci fece letteralmente precipitare fuori e urlare parole disperate ad un piovoso cielo parigino. Kurt Cobain, leader dei Nirvana e voce di un’intera bellissima generazione, era stato trovato cadavere nella sua casa a Seattle. Aveva solo 27 anni. Tre giorni prima si era sparato con un fucile calibro 20. Lasciava una moglie, una figlia neonata e milioni e milioni di fan adoranti in tutto in mondo. Fu come una bomba atomica esplosa sul pianeta musica e non solo. Muore il Grunge. Muoiono gli anni Novanta. Nasce un mito.

UN RAGAZZO COME TANTI - Cresciuto vicino Aberdeen, città di taglialegna nello stato di Washington, Cobain era il prodotto di una famiglia distrutta. I suoi genitori - il padre faceva il meccanico, mentre la madre era segretaria- si separarono quando Kurt aveva solo 8 anni. L’esperienza, ovviamente, lo segna in maniere profonda. Fin da piccolo si dimostra un bambino dotato di enorme sensibilità e intelligenza, ma anche fragile e aggressivo. Mancino, naturalmente portato verso la musica, sviluppa la propria creatività nel campo del disegno e della recitazione. Durante gli anni della scuola vince diversi concorsi artistici. Tra la fine del 1985 e gli inizi del 1986, insieme a David Grhol e Chris Novoselic, fonda la band dei Nirvana. Sono gli anni in cui la musica punk rock allontana definitivamente a colpi di riff gli anni della contestazione giovanile, ma sono anche gli anni in cui con la musica si esprime disperazione, rabbia e mancanza di artificio. Un vero segno dei tempi per chi cresceva in mezzo avido individualismo degli di Wall Street, i rassicuranti suoni campionati dei sintetizzatori, l’indulgente ipocrisia verso le droghe firmate ed il culto dell’immagine tipici degli anni Ottanta.

"NEVERMIND" - A Seattle - fucina della scena alternativa americana - fautori del rinnovamento culturale, oltre che musicale, furono band come Melvins, Green river, Motherl Love Bone (dalle cui ceneri nasceranno i Pearl Jam), Alice in Chains e Soundgarden. Solo da poco, infatti, il pianeta era stato invaso dall’hard rock dei Guns and Roses e solo da pochissimo si erano affacciati i Sonic Youth, rappresentanti colti e schivi della scena statunitense. Ma nel 1991 la storia della musica rock, l’universo culturale e politico, oltre a milioni e milioni di persone in tutto il mondo furono costretti a fermarsi e a riflettere. Niente sarebbe stato più come prima. Il vascello intergalattico “Cobain & co” aveva appena sganciato sull’universo - senza preavvisare!- la bomba atomica Nevermind: era il 24 settembre 1991. Quattro milioni di copie vendute a pochi mesi dall’uscita dell'album “Non ci pensare”. Un abisso, una voragine infinita si spalanca sugli anni Ottanta, che passano alla storia. Tre ventenni semisconosciuti divengono le nuove bandiere di milioni di ragazzi. Nasce una generazione alternativa. Rabbiosa e bellissima. Disperata e immortale. La generazione grunge. Quella di cui io facevo parte!

SMELL LIKE TEEN SPIRIT - Smell Like Teen Spirit (“Profumi di spirito adolescente”) come (I Can't get no) Satisfaction trent’anni prima: divenne il simbolo di un grido collettivo, una gigantesca denuncia popolare, un inno lacerato al mal di vivere. Quattro accordi, un testo confuso dalle parole incomprensibili e poi brividi, tanti brividi rabbiosi, che denunciano gli abissi delle sofferenze quotidiane e le solitudini dell’animo umano. Purtroppo, quel colpo di fucile in bocca arrivò proprio nel periodo di maggiore successo dei Nirvana, ma non del suo leader. Altri due album: In Utero nell’93 e una bellissima registrazione “acustica” per gli studi di MTV poco prima di morire. Ricco e famoso, amato da Frances, meno da Courtney Love (pare che la signora Cobain avesse contattato un sicario per ucciderlo), le sue canzoni stavano cambiando il volto della musica degli anni Novanta, ma non l’animo maledetto del “Lennon” degli anni Novanta, come lo definiva lo scrittore William Burroughs. Intossicato da anni di dipendenza dall’eroina e farmaci antidolorifici per contrastare gli atroci dolori allo stomaco, che lo attanagliavano dalla nascita, il biondo Kurt seguì il destino di molte altre rockstar, come Jimi Hendrix e Jim Morrison. Aveva solo 27 anni: un colpo di fucile in faccia e... bye, bye!

Kurt Cobain è morto così a soli ventisette anni lasciandoci per sempre il profumo delle sue canzoni, una figlia che non avrà la fortuna di conoscerlo se non attraverso i ricordi di una generazione di ragazzi che della sua musica, della sua anima controversa si erano perdutamente, drammaticamente innamorati.

Marco Manzo