Processo alla giustizia

Gli interrogativi post-sentenza "Housework" che ha assolto D'Alfonso. Davvero la legge è uguale per tutti?

Processo alla giustizia

PROCESSO D'ALFONSO. ESEMPIO DI GIUSTIZIA. Sta facendo discutere, come è normale che sia, la sentenza che ha assolto l'ex sindaco di Pescara Luciano D'Alfonso e gli altri imputati del processo "Housework" sulle presunte tangenti al Comune di Pescara nei lavori pubblici. Al di là del verdetto espresso dal collegio giudicante - si conosceranno le motivazioni entro 90 giorni - la decisione del tribunale ha comunque suscitato degli interrogativi sul funzionamento della giustizia, sul lavoro della magistratura che ha l'obbligo dell'azione penale e sui risvolti del potere giudiziario sulla società civile. Nei media locali si è parlato di esempio, di processo esemplare. La stessa difesa ha ringraziato pubblicamente la Corte per aver consentito agli imputati di difendersi nelle migliori condizioni e di avere una sentenza in un tempo davvero ragionevole. Il processo Housework è anche durato poco, circa 4 anni, mentre di solito la conclusione per altri procedimenti avviene con tempistiche dilatate. Tornado ai dubbi post-sentenza che ha visto l'assoluzione totale di un'amministratore pubblico, dei suoi collaboratori e di nomi importantissimi dell'imprenditoria locale, sono le stesse di sempre. Davvero la legge è uguale per tutti? Il sistema giudiziario favorisce chi ha la possibilità di accedere ad una qualità della difesa superiore (ma anche costosa)? Quanto costa allo Stato un processo penale, ad esempio come quello avviato nei confronti di Luciano D'Alfonso? Se i magistrati sbagliano chi risarcisce la collettività che ha subito il danno provocato dal cambio della governace di una nazione, una regione o un comune? Manco a dirlo il tema della giustizia è uno dei principali argomenti dell'attuale campagna elettorale. L'ex premier Silvio Berlusconi, un giorno sì e l'altro pure, non perde occasione per parlare di magistrati "politicizzati" oppure, come non citare, la "discesa in campo" di illustrissimi protagonisti quali, ad esempio, Antonio Di Pietro, Pietro Grasso e, da ultimo, Antonio Ingroia balzato agli onori della cronaca per l'indagine sulla trattativa tra Stato e Mafia. Insomma, il potere della giustizia, così come ogni vero potere, è sotto processo perchè anzichè produrre i benefici per la quale è stata concepita finisce, sempre più spesso, di rivelare delle storture dannosissime. 

IL TOP DELLA QUALITA'? Dall'incipit all'epilogo il processo nei confronti di Luciano D'Alfonso è stato un esempio tipico di un processo di "Serie A". C'è stata l'indagine della magistratura su un amministratore pubblico amatissimo, già sindaco della città più grande d'Abruzzo. Ci sono state le manette, il 15 dicembre 2008, poi le elezioni e, infine, un nuovo governo cittadino. C'è stato un processo per reati contro la pubblica amministrazione. Ventiquattro imputati si sono dovuti difendere, a vario titolo, da accuse formulate da un pubblico ministero per associazione per delinquere, corruzione, peculato e abuso d'ufficio. Nelle aule di tribunale le difese sono state affidate a principi del foro, quali gli avvocati Giuliano Milia, Augusto La Morgia, Ugo Di Silvestre, Mirko D'AlicandoErnesto Torino Rodriguez. Nel dibattimento si sono chiamati a testimoniare illustri periti - tanto per fare un esempio la difesa D'Alfonso ha chiamato i massimi esperti italiani in materia di lavori pubblici - mentre la procura ha affidato delle consulenze per effettuare indagini patrimoniali sulle condizioni redddituali degli imputati assolti. Infine, dopo quattro anni, c'è stata una sentenza che ha assolto tutti dalle ipotesi accusatorie perchè i fatti non costituivano reato oppure per sopraggiunta prescrizione dei reati. Insomma il dubbio che questo sistema giudiziario favorisca cittadini-imputati con capacità finanziarie superiori, come gli imprenditori Carlo ed Alfonso Toto, resta. Forse l'argomento di cui si dovrebbe occupare il prossimo governo è proprio questo: riformare la giustizia. Garantire tempi e costi certi nei e per i processi, sia penali che civili, non significa solo risparmiare l'1% del Pil italiano - tanto è il peso del malfunzionamento della macchina giudiziaria - ma anche sostenere moralente il senso di giustizia (che è forse il miglior deterente all'azione criminale) nella nostra società.

 

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