Nuova Pescara: entro gennaio 2019 avverrà la fusione con Montesilvano e Spoltore

Giovedì approdano in Commissione Bilancio a L'Aquila i due progetti di legge. Il professor Orrù spiega i vantaggi

Nuova Pescara: entro gennaio 2019 avverrà la fusione con Montesilvano e Spoltore

NUOVA PESCARA: ENTRO GENNAIO 2019 AVVERRA' LA FUSIONE DEI COMUNI DI PESCARA-SPOLTORE-MONTESILVANO. Giovedì 4 agosto è convocata a L’Aquila la Commissione Bilancio (Prima) che prenderà in esame i progetti di legge riguardanti “l’Istituzione del nuovo Comune di Nuova Pescara mediante fusione dei Comuni di Pescara, Montesilavano e Spoltore”. Come è noto sono due ma entrambi non vedranno la luce prima del 2019.

Ma in cosa consiste questo processo? 

A spiegarlo è il docente di Diritto Costituzionale e coordinatore del gruppo di lavoro sulla Nuova Pescara per conto della Presidenza della Regione Abruzzo, Romano Orrù

Punti fermi iniziali: unicità e gradualità

In avvio, sembra quanto mai opportuno fissare due punti fondamentali, che devono essere tenuti presenti costantemente in relazione a tutto il dibattito su tempi e modi della fusione. In primo luogo, il caso dell’istituzione del Comune di Nuova Pescara è un unicum a livello nazionale. In secondo luogo, detta istituzione avviene necessariamente in esito a un processo che, tanto realisticamente quanto responsabilmente, non si può immaginare possa essere portato a realizzazione in un batter di ciglio e/o per effetto di un semplice tratto di penna.

La gradualità deve essere, per tanto, uno dei principali tratti distintivi di un razionale processo di fusione. Gradualità che comunque non può tralasciare di segnare risultati positivi immediati in relazione all’esercizio congiunto di funzioni e di erogazione condivisa dei servizi da parte dei tre Comuni coinvolti.

Le differenze tra le due proposte

Nell’elaborare le due proposte, oltre che degli indirizzi del Presidente, abbiamo voluto tenere conto di tutte le posizioni presenti nel dibattito pubblico, poiché il mandato del Presidente D’Alfonso è stato quello di mettere in condizione il Consiglio regionale di avere di fronte a sé lo spettro di tutte le posizioni possibili, per poterle esaminare e approfondire liberamente.

Entrambe le proposte prevedono la fusione con decorrenza dal 1° gennaio 2019.

Non risponde al vero, dunque, affermare che siamo di fronte ad un’elusione del risultato del referendum. Si tratta invece di una fusione (necessariamente) differita, che le norme e la giurisprudenza consentono, e che trova conferma nelle esperienze di altre realtà.

A ben considerare, il lasso di tempo effettivo per la realizzazione delle attività strumentali alla fusione, nell’ipotesi massima della prima proposta, è di poco superiore ai due anni: dal momento dell’approvazione consiliare e dell’entrata in vigore della legge regionale (prevedibilmente, e auspicabilmente, nella primavera-estate 2016) alla fine del 2018.

Si tratta di un tempo assolutamente ragionevole, tenendo conto che non ci sono precedenti in Italia nella storia recente di fusioni di Comuni con queste dimensioni, e che le stesse normative nazionali sono state immaginate e scritte per processi di fusione relativi a piccoli comuni con poche migliaia di abitanti o a volte solo alcune centinaia. Data la complessità dei problemi sul tavolo, legati in particolare (ma non solo) alla necessità di “far convergere” grandi strutture amministrative già esistenti, e atteso inoltre il vincolo previsto nelle proposte di legge di procedere immediatamente alla condivisione dell’esercizio di attività e servizi qualificanti, esso appare più che congruo.

Irragionevole è invece pensare che una fusione di questo genere di tre Comuni di medie e grandi dimensioni, che coinvolge una popolazione complessiva di circa 200mila abitanti, possa avvenire in poche settimane o mesi.

In ogni caso, nelle proposte è contemplata anche la possibilità di anticipare la data di istituzione, nell’eventualità che sul cronoprogramma si marciasse più rapidamente del previsto.

Se, come non par dubbio, nel caso di specie la fusione dei Comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore rappresenta un problema complesso, è altrettanto evidente che per giungere alla sua soluzione si richiedano procedure articolate. A fronte di ciò, nei disegni di legge vengono individuati con estrema precisione soggetti, competenze e tempi. Il cronoprogramma è molto dettagliato, così come chiare sono le responsabilità per l’attuazione dello stesso.

Infatti, bisogna considerare e tutelare anche il prevalente interesse generale alla continuità nell’esercizio delle funzioni amministrative fondamentali dei Comuni e nell’erogazione, efficace ed efficiente, dei servizi alla cittadinanza.

In una delle due ipotesi, per tenere conto delle posizioni più prudenti, presenti soprattutto nei due comuni di Montesilvano e Spoltore, per ovvie ragioni, abbiamo previsto una clausola di sospensione, che non è una sospensione sine die, come è stato detto, né un’apertura all’arretramento sul versante dell’integrazione istituzionale e funzionale. Entro 60 giorni il Presidente della Regione dovrà stabilire una nuova data, ma a condizione che i tre Comuni abbiano approvato l’Atto Costitutivo dell’Unione dei Comuni.

La soluzione alternativa e provvisoria dell’Unione dei comuni – presente, è il caso di ribadirlo, soltanto in uno dei due disegni di legge – va inquadrata nella sua giusta luce.

Pensiamo che si possa convenire che l’aspetto rilevante e caratterizzante il processo di fusione non appare essere l’eliminazione di un certo numero di consiglieri comunali quanto piuttosto la razionalizzazione e l’esercizio associato di funzioni comunali, con immaginabili economie di scala, nonché il miglioramento nell’erogazione dei servizi. Se così è, di fronte all’inerzia o all’inefficienza dell’azione dei Comuni coinvolti la proposta di legge vuole salvaguardare proprio questo profilo “essenziale”, obbligandoli a mantenere in vita la gestione associata delle funzioni e dei servizi nel frattempo realizzata. Si tratta di soluzione quindi che vale a segnare l’impossibilità dell’arretramento sul piano dell’integrazione. L’Unione dei comuni, non a caso, nella proposta di legge è a carattere temporaneo e inquadrata come «strumentale al completamento del processo di fusione».

Ancora con riguardo a tale ipotesi, è bene sottolineare che la decisione della sospensione e del rinvio non è affidata alla discrezionalità della politica, ma deve avere il suo presupposto nella relazione conclusiva di fattibilità di un Osservatorio che è un organismo tecnico e non politico. Solo se tale relazione conclusiva di fattibilità di questo Osservatorio tecnico è negativa o parzialmente negativa il Consiglio regionale (e non i Comuni, si badi bene) può decidere la sospensione (temporanea e sempre a condizione che si costituisca l’Unione dei comuni).

Naturalmente, il Consiglio regionale è sovrano e, qualora dovesse scegliere la prima proposta, il 1° gennaio 2019 noi avremo la nuova città e gli elettori dei tre comuni nel 2019 eleggeranno il sindaco e il consiglio comunale della Nuova Pescara.

Gli step e i tempi della procedura

Come anticipato, la procedura di fusione risulta particolarmente complessa a causa di un insieme di vincoli normativi (in primis della legislazione nazionale), organizzativi e materiali.

Tra l’altro, il nuovo ente (il Comune di Nuova Pescara) per poter funzionare e rispondere in maniera soddisfacente alle aspettative ha bisogno delle risorse umane e normative adeguate: dato che al momento dell’istituzione si ha contestualmente l’estinzione dei preesistenti Comuni, per un verso, il personale amministrativo dovrà essere per tempo riorganizzato in modo da poter lavorare efficacemente in una struttura unica e, per altro verso, il nuovo Comune per funzionare non potrà far a meno di avere a disposizione quantomeno un nuovo Statuto e un nuovo regolamento per il funzionamento del Consiglio.

Solo a titolo esemplificativo, bisognerà provvedere per tempo ad adottare misure in ordine a organizzazione del personale, degli uffici e dei servizi; ad un’eventuale centrale unica di committenza e gestione dei contratti (con particolare riguardo alla questione della successione nei contratti in essere e al divieto di sottoscrivere nuovi contratti da parte di una singola amministrazione); alla standardizzazione e/o unificazione di reti e sistemi informatici; all’unificazione di servizi demografici, polizia locale, servizi scolastici, riscossione tributi, rifiuti, servizi e politiche sociali, ambiente ed energia, pianificazione territoriale ed urbanistica, patrimonio, edilizia, mobilità; e, last but not least, all’armonizzazione dei bilanci (con l’obiettivo, tra l’altro, di pervenire ad un bilancio consolidato entro il 2018).

Un procedimento di tale ampiezza e complessità non si può immaginare possa essere portato a efficace compimento a prescindere dalla collaborazione degli enti comunali coinvolti (rispetto a questi, bisogna rammentare, la legislazione regionale incontra dei limiti di competenza a vantaggio della norma nazionale).

Le proposte di legge, come anticipato, per evitare confusione e per allontanare i rischi che un processo affrettato o incerto abbia ripercussioni negative immediate sulla cittadinanza (in termini, quantomeno, di continuità ed efficienza nella svolgimento delle funzioni amministrative e di erogazione dei servizi) hanno avuto cura di definire nel dettaglio il cronoprogramma con individuazione sicura di competenze e responsabilità.

Più precisamente, entro 30 giorni dall’approvazione della legge avremo il Comitato per la fusione, composto dal Presidente della Regione e dai tre sindaci, che elaborerà il Programma di fusione, che è il vero motore di tutto il processo. Entro 90 giorni questo programma sarà approvato dai tre consigli comunali. Come si vede, la proposta di legge è tutt’altro che confusa. E’ dettagliata, perché prevede tutto ciò che va previsto, non è semplicistica né facilona, ma non per questo è confusa.

Sgombro il campo anche da un altro equivoco. Il Programma per la fusione è l’unico atto che è sottoposto all’approvazione vincolante dei tre consigli comunali, oltre allo Statuto, perché contiene una forte cessione di competenze in alcuni settori strategici di intervento, dall’urbanistica alla mobilità, dalla promozione turistica alle grandi infrastrutture. In sostanza, già entro 90 giorni dall’approvazione della legge in Consiglio regionale avremo per la prima volta all’interno del sistema urbano pescarese un robusto sistema di cooperazione. Nessuno dei tre comuni potrà più decidere da solo sul traffico o sul piano regolatore, dovranno farlo insieme. E questo indipendentemente dai tempi della fusione. Un fatto straordinario, che costituisce il primo passo di quell’area metropolitana di cui da tanto si parla.

Quindi non è vero che i Consigli comunali possono bloccare la fusione, non votando il Programma, che peraltro è elaborato dai tre sindaci insieme con il Presidente della Regione. Se lo si riterrà, tuttavia, questo aspetto può essere migliorato ulteriormente dal Consiglio regionale stabilendo che se entro un tempo massimo il Programma di fusione non viene modificato e ratificato dai tre consigli comunali, lo si intende approvato come proposto dal Comitato per la fusione.

Oltre al programma, avremo parallelamente l’Osservatorio tecnico che monitorerà tutto il processo per misurarne l’impatto sulla vita dei cittadini e delle imprese, sotto il profilo dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi, il quale entro il 31 marzo 2018 dovrà stendere la relazione conclusiva di fattibilità, e inviarla al Presidente della Regione, ai tre Comuni e al Consiglio regionale, che ha la parola finale su tutto il processo, a garanzia del rispetto dell’esito referendario.

Nel frattempo, entro 13 mesi dall’approvazione della legge l’Assemblea congiunta dei tre consigli comunali (Assemblea costitutiva) approverà lo Statuto provvisorio del nuovo Comune che conterrà l’istituzione dei Municipi e potrà anche stabilire un’altra denominazione, diversa da quella indicata dal quesito referendario.

Il 1° gennaio 2019 avremo l’istituzione della Nuova Pescara o come si chiamerà la città secondo la decisione dei consigli comunali. A quel punto subentrerà il Commissario prefettizio che accompagnerà il Comune di nuova istituzione alle elezioni.

Le problematiche della fusione

La prima problematica è che le norme nazionali, compresa la legge Delrio, sono state pensate e costruite per piccoli comuni, non per grandi comuni di 200mila abitanti.

Inoltre, con la costituzione di un Comune di queste dimensioni si va a perdere quel fattore di prossimità e di vicinanza dell’amministrazione ai cittadini che è tipico di comuni di minori dimensioni. Questo è un aspetto vero, che sottolinea sempre il Presidente D’Alfonso, a cui parzialmente andremo a rimediare attraverso l’istituzione dei Municipi.

Inoltre la difficoltà principale sotto il profilo organizzativo risiede nella necessità di armonizzare le procedure, i linguaggi, i modi di operare delle diverse amministrazioni sotto il profilo contabile, contrattuale, dei centri d’acquisto, informatico, e così via. Tutti aspetti che dovranno essere sottoposti al monitoraggio dell’Osservatorio tecnico, che noi proponiamo coinvolga anche la Prefettura.

Le giuste istanze provenienti dal tessuto socio-economico su specifiche caratteristiche modalità realizzative della fusione avranno modo di essere prese in esame attraverso il coinvolgimento, nell’ambito dell’iter legis regionale, sia di associazioni varie sia di soggetti del mondo economico-imprenditoriale che della società civile in genere.

Costi e benefici della fusione

Bisogna rifuggire dalla tentazione di sovrastimare i benefici economici e contestualmente di sottostimare i potenziali costi e problemi di una fusione affrettata. Costi e problemi che ricadrebbero per intero su cittadini, imprese e lavoratori del settore pubblico coinvolti.

Secondo quanto prima evidenziato, i costi e i problemi principali sono quelli derivanti da una fusione affrettata che non preveda l’allineamento e l’armonizzazione dei dati amministrativi, determinando situazioni paradossali di un Comune che ad esempio abbia contratti di fornitura con diversi fornitori per lo stesso servizio. Sono i costi che potrebbero sopportare, senza un’unificazione graduale del bilancio, i cittadini di quei Comuni che oggi pagano meno tasse e si dovrebbero caricare un maggiore onere. Oppure quelli di una raccolta differenziata che non sia uguale su tutto il territorio, anche qui con maggiori svantaggi per i comuni che fino ad oggi sono più virtuosi e dovrebbero sopportare i costi dei comuni meno virtuosi.

Sono aspetti che i sindaci dei Comuni hanno evidenziato e su cui non gli si può dare torto, a meno che la fusione sia portata avanti con la necessaria gradualità.

I benefici sono sicuramente una riduzione dei costi della politica, non tali però da compensare i costi di una fusione non gestita con prudenza e con attenzione all’efficacia ed efficienza di tutto il processo.

Così come esistono benefici previsti dalle norme nazionali relativi al patto di stabilità per i comuni che si fondono e che dovranno essere ben ponderati dall’Osservatorio regionale.  Detti benefici, ai sensi della normativa vigente, si sostanziano, tra l’altro, in deroghe e vantaggi economici riconosciuti per i cinque anni successivi alla fusione, e ciò ha comunque corso a prescindere se la fusione avvenga con un certo anticipo rispetto a quanto previsto nei disegni di legge in discorso.

Il vero vantaggio deriva dall’esercizio associato di funzioni qualificanti, e come si è detto tale aspetto è centrale sin dall’avvio del processo di fusione.

Con il piccolo gruppo di lavoro informale con cui abbiamo elaborato le due proposte di legge, la valutazione è stata che sia necessario chiedere al Governo una norma nazionale ad hoc per la fusione della Nuova Pescara, in considerazione del fatto che è appunto il primo e unico caso in Italia di tre città che raggiungono i 200mila abitanti che si uniscono, ad esempio anticipando l’utilizzazione di taluni benefici rispetto all’effettività della fusione.

Redazione Independent