Le bombe della trattativa

Vent'anni fa l'attentato ai Parioli: una Fiat Uno imbottita con 100 Kg di tritolo. L'Italia scopre la paura della Mafia

Le bombe della trattativa

VENT'ANNI FA L'ATTENTATO FALLITO A MAURIZIO COSTANZO. Era il 14 maggio del 1993 quando una Fiat Uno bianca esplose con 100 chili di esplosivo in via Fauro a Roma, al passaggio dell'auto di Maurizio Costanzo e Maria De Filippi. Per un pelo, una manciata di secondi, il giornalista e la sua compagna non furono le prime vittime di una serie di attentati mafiosi che secondo gli inquirenti palermitani, doveva condurre alla trattativa Stato-Mafia. Tredici giorni dopo via Fauro, in un secondo attentato a Firenze in via dei Georgofilipersero la vita 5 persone. Altre 5 persone persero la vita nella strage del 27 luglio del 93 a Milano in via Palestro. Due bombe ancora esplosero per fortuna senza causare vittime il 28 luglio dello stesso anno a San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro. Sempre lo stesso anno il 31 ottobre, fallì, o venne annullato, l'attentato allo Stadio Olimpico che avrebbe dovuto provocare la morte di centinaia di poliziotti.

LA STRATEGIA DELLA TENSIONE DI COSA NOSTRA E IL PATTO STATO-MAFIA. La strategia della tensione orchestrata dalla mafia, era  iniziata un anno prima il 12 maggio con la morte di Salvo Lima, ritenuto inaffidabile da Riina, continuò poi con la strage di via Capaci del 23 maggio dove persero la vita il giudice Falcone,sua moglie e alcuni agenti della scorta, e proseguì con la strage di via D'amelio del 19 luglio quando persero la vita Salvatore Borsellino e la sua scorta. 

DOBBIAMO FARE LA GUERRA PER POI FARE LA PACE. Totò Riina aveva annunciato  la nuova strategia della tensione quando disse alla commissione di Cosa Nostra da lui convocata a fine 91. "Dobbiamo fare la guerra per poi fare la pace". Se alla fine della guerra ci sia stato un patto tra stato e mafia, come hanno sostenuto i giudici palermitani IngroiaDi Matteolo diranno le sentenze, sta di fatto però dopo la stagione delle bombe del 92-93 ci fu un'attenuazione delle misure restrittive previste dal famoso aricolo 41 bis, come si richiedeva in una lettera inviata, tra gli altri a Maurizio Costanzo a cui Cosa Nostra non aveva perdonato l'impegno profuso contro la mafia insieme a Michele Santoro dopo l'omicidio di Libero Grassi l'imprenditore che si oppose alla richiesta del pagamento del "pizzo".

Clemente Manzo