La Nuova Pescara e le “terre rare” della fusione

Montesilvano e Spoltore, divise ma unite, balla battaglia contro il progetto di ‘annessione’ al capoluogo Adriatico. I perché e i per come di una ‘tragedia’ annunciata

La Nuova Pescara e le “terre rare” della fusione

Iniziamo questo scritto scusandoci col popolo ucraino per la greve similitudine adottata nella definzione “terre rare” alla ben più banale questione della Nuova Pescara ovvero quel contestato progetto di fusione che vede coinvolte le città di Pescara, Montesilvano e Spoltore, a partire dal primo gennaio 2027. Dunque, sperando di aver sgomberato il campo della nostra attualità dall’orrore che vede il mondo intero, con Russia e Usa in primis, impegnato in una negoziazione per portare la pace nei territori contesi del Donbass a fronte di uno scambio economico di sfruttamento delle risorse preziose (carbone, metalli, etc), affrontiamo i perché e gli ostacoli ad un’idea che tutto sommato nasceva con propositi positivi e persino col consenso popolare del referendum consultivo, votato nei tre comuni coinvolti a maggioranza: l’unione di tre municipalità a fronte della riduzione dei costi della politica e la possibilità di pianificare, coi fondi governativi, una nuova città metropolitana in Italia, invece che le nostre piccole realtà. E, adesso, a che punto siamo? Purtroppo nel corso di questi dieci anni sono stati i ‘Ras della politica’ a tradire quelle premesse e, sempre a nostro avviso, per timore di perdere il potere/controllo su quegli stessi territorio. Sono iniziate delle ‘trattative’ tra le parti ed il risultato finale è stata una moltiplicazione incredibile delle poltrone (ben quattro municipi, con un presidente di municipio, assessori, una pletora di consiglieri più un grande consiglio comunale che non si sa quanto potrà incidere nelle decisioni strategiche che riguardano, appunto, il progetto urbanistico-ambientale-culturale-economico di una grande città). Parliamo di un esercito di burocrazia per amministrare un territorio di nemmeno 200mila cittadini pescaresi, montesilvanesi e spoltoresi messi insieme. E se su questo punto siamo d’accordo su altro, invocato dalla stessa politica che ha prodotto risultati da medioevo, no. Per esempio, quando si invoca la difesa del principio ‘identitario’ rispetto all’invasione da parte culture predatorie, che avrebbero come scopo solamente la volontà di impossessarsi di ettari di terreno da cementificare o da sfruttare alla meglio, come, appunto, se in quegli stessi territori ciò non fosse accaduto negli anni, senza la macchina mostruosa della Nuova Pescara. Ovviamente non c’è bisogno di dover specificare nei dettagli: tutti sappiamo cosa è accaduto con le nostre spiagge, le nostre aree verdi, i nostri lungo fiume e le nostre colline. Oggi la ‘quarta città d’Abruzzo’ per numero di abitanti, quella città di Montesilvano che nell’ultimo ventennio ha avuto una crescita demografica e, di conseguenza, urbanistica impressionante rivendica col centrodestra al potereun nuovo referendum (che giuridicamente avrebbe un senso se fosse abrogativo della legge regionale che istituisce il ‘nuovo’ Comune di Pescara) per bloccare tutto. Stesso identico discorso fatto dal centrosinistra che governa Spoltore da sempre un territorio vastissimo e che negli anni si è distinto per la concentrazione di un numero impressionante di centri commerciali (come da definizione giuridica) rispetto agli di abitanti. “Ci vogliono annettere”, “Pescara è piena di debiti”, “Che ne sarà di noi”, queste sono alcune delle frasi a commento social sotto gli articoli a tema e che, in un certo senso, trovano fondamento nel comportamento dei nostri rappresentanti istituzionali. Perché fidarsi se non per sperare di uscire dal quell’Abruzzo fontamaresco ben descritto dal genio di Ignazio Silone nel celebre romanzo ‘Fontamara’? La nostra risposta è tutta qui: “Un cittadino e un cafone difficilmente possono capirsi. Quando lui parlava era un cittadino, non poteva cessare di essere un cittadino, non poteva parlare che da cittadino. Ma noi eravamo cafoni”.