Il mio vicino di casa Maniero detto "Faccia d'angelo"

Il boss si è nascosto per anni in Abruzzo: poi il suicidio di Elena l'ha costretto a scappare ancora. La sua storia in Tv

Il mio vicino di casa Maniero detto "Faccia d'angelo"

FELICE MANIERO TORNA AGLI ONORI DELLA CRONACA. Si torna a parlare di Felice Maniero per una denuncia presentata nei suoi confronti qualche giorno fa dall'editore di NotteCriminale.it, Alessandro Ambrosini. Secondo il denunciante, Maniero, che vive in una località segreta e sotto copertura, avrebbe inviato una mail all'editore, per far eliminare un articolo di giornale che lo riguardava e che, avrebbe contenuto elementi atti a facilitare l'individuazione della nuova identità dell'ex capo della banda del Brenta. La frase incriminata, formulata sotto forma del proverbio "Uomo avvertito mezzo salvato", ha convinto Ambrosini a rivolgersi alla magistratura per minacce e ingiurie. Maniero avrebbe voluto conservare l'anonimato mentre Ambrosini, per cancellare l'articolo, avrebbe posto la condizione, inaccettabile, di ottenere un'intervista da "Faccia d'Angelo".

NOI CHE SCRIVIAMO VICINI DI CASA DEL BOSS. Noi che scriviamo ci siamo trovati a lungo in una simile situazione. Ma, a differenza del collega editore, abbiamo agito e pensato diversamente. Per un lunghissimo periodo, infatti, prima che qualcosa di brutto non rivelasse al mondo il nascondiglio di uno dei criminali più pericolosi d'Italia, siamo stati vicini di casa del boss della "Mafia del Brenta". Addirittura avevamo lo stesso giardiniere al quale, ogni tanto, chiedevamo tracce di quella vita misteriosa, nascosta dalle altissime mura di cinta di una bellissima villa nell'hinterland pescarese e protetta da spesse inferriate alle finestre. All'epoca - eravamo nella prima decade del duemila - l'idea di spiarlo, magari di fotografarlo, fare uno scoop giornalistico e rivelare al mondo il nascondiglio di uno dei criminali più pericolosi del paese ci sembrava un'idea affascinante ma pericolosa. C'era di mezzo un programma di protezione importante e soprattutto la vita di decine di agenti della sicurezza, visto l'odio che continua a suscitare il personaggio. Oggi, come allora, non siamo pentiti della scelta e, benchè le circostanze siano cambiate, pensiamo che agiremmo alla stessa maniera, senza rivelare nulla.

LA VITA CRIMINALE DI FELICE MANIERO. La storia criminale di Felice Maniero è, senza dubbio, una delle più affascinanti della storia della malavita italiana. Uomo dotato di intelligenza molto viva, è stato a capo dell'unica organizzazione mafiosa che negli anni '80 e '90 ha spadroneggiato nel ricchissimo Nord-Est. Era anche un specie di primula rossa per la sua capacità di sfuggire alla cattura grazie ad alcuni infiltrati nei carabinieri nella polizia che retribuiva profumatamente. Tra le prodezze di Maniero si annoverano anche due evasioni: la prima nel 1987 dal carcere di Fossombrone e nel 1994 da quello di Padova. Nel 1995 si pentì e collaborò con la giustizia. Grazie alle sue rivelazioni 350 persone finirono in carcere e la banda del Brenta venne sgominata. Nel processo che ne seguì fu applicato per la prima volta nel Nord Italia l'articolo 416-bis quello relativo alle organizzazione di stampo mafioso.

IL FASCINO PERVERSO DI FACCIA D'ANGELO. Ma stendere il velo dell'oblio su Maniero e i suoi crimini è opera improba. Il fascino perverso del bandito di bell'aspetto, elegante e dai modi gentili, ma spietato e crudele contro i traditori (Maniero è responsabile di diversi omicidi, di rapine, di traffico d'armi e droga), lo ha fatto assurgere a personaggio pubblico degno perfino di essere raccontato in libri e rappresentato nelle fiction e nei film. D'altra parte anche altri mitici criminali come il bandito Giuliano degli anni 40, Renatino della banda della Magliana, Vallanzasca detto il bel René ecc., suoi illustri precedessori, sono stati rappresentati con successo sullo schermo nel passato. Non meraviglia, dunque, che su La 7, domenica prossima, verrà trasmessa la seconda puntata del film "Faccia d'Angelo", con l'ottimo Elio Germano nei panni del Boss.

IL SUICIDIO DELLA ADORATA FIGLIA: LA "PRINCIPESSA". Addirittura nell'immaginario collettivo le sue efferate gesta, che tanto sangue hanno fatto scorrere, passano in secondo piano rispetto ai drammi personali da lui vissuti. Come quello del febbraio 2006, quando sua figlia, Elena di 30 anni, si gettò da un balcone dell'appartamento in cui viveva con il suo compagno, un giovane della "Pescara Bene". Eva Marini, questo il suo nome di copertura, fu rinvenuta cadavere immersa in una pozza di sangue in un cortile di Pescara e suo padre dovette riconoscerne il cadavere. Anche la morte della bella Elena, tutelata come il padre da un programma di copertura, porta in qualche modo il marchio dalla vita sregolata e violenta di Maniero. Lei che viveva nel lusso tra Venezia e Cortina si era adattata a vivere nell'hinterland pescarese. Sia che Elena fosse stata vittima di una vendetta trasversale da parte dei suoi ex sodali che lo consideravano un "infame, sia che si fosse tolta la vita per una delusione amorosa, come ha sostenuto la magistratura, il senso di colpa seguirà per il resto della sua vita Felice Maniero detto "Faccia D'Angelo", nostro vicino di casa.

Il (sub)direttore

Nota di Redazione

Caro Direttore, se bisogna raccontare una storia lo si faccia almeno conoscendola bene. Sono Alessandro Ambrosini, l'editore di Notte Criminale, forse non sa che l'articolo in questione era stato ripreso in toto dal Corriere della Sera di Brescia a firma di Monica Zornetta, che lui già non abitava più in quella via. Forse non è a conoscenza che è stato un tag ad essere la pietra dello scandalo per Maniero, un tag con il suo nome attuale, uscito nella Gazzetta Ufficiale del 2002. Ergo, quello che avevamo riportato era solo ed esclusivamente un pezzo descrittivo dei danni lasciati da Maniero e moglie in quella zona. E' in corso ad oggi da parte degli avvocati di Maniero e da parte del Gazzettino una controinformazione estremamente falsa e tendenziosa che nella giornata di oggi o domani smentirò con le pubblicazioni integrali delle mail. Per confermare una volta di più come il Veneto dell'informazione, ma non solo, non abbia nulla da invidiare a Corleone. Io una precisazione la farei se fossi in lei.

Alessandro Ambrosini