Il mercato del lavoro in Abruzzo continua a contrarsi

In calo gli occupati e, per l’aumento degli inattivi, le persone in cerca di lavoro. L’analisi del Cresa

Il mercato del lavoro in Abruzzo continua a contrarsi

Secondo l’analisi del CRESA - Centro Studi dell’Agenzia per lo Sviluppo della Camera di Commercio del Gran Sasso d’Italia - dei dati Istat, il mercato del lavoro regionale mostra netti segni di peggioramento.

Rispetto alla fine del 2019 (anno pre-pandemico) nel terzo trimestre 2022 le forze di lavoro abruzzesi diminuiscono di 34,7 mila unità pari ad un calo del -6,3% quadruplo rispetto al Centro-Nord (-1,5%) e di un terzo superiore al Mezzogiorno (-4,2%) (Ita- lia: -2,3%).
Tale contrazione è determinata da una flessione di 21,3 mila occupati che corrisponde al -4,3% (Italia: +0,1%; Centro-Nord: 0,0%; Mezzogiorno: +0,3%) e di 13,5 mila persone in cerca di occupazione equivalente al -21,8%, inferiore al -24,1% medio nazionale, al -23,1% centro-settentrionale e -25,1% meridionale.
La riduzione del numero di lavoratori, in particolare, è il risultato di una diminuzione di 6,3 mila di- pendenti pari al -6,3% (Italia: +1,8%; Centro-Nord: +1,9%; Mezzogiorno: +1,5%) e di aumento di 2,2 mila indipendenti (+2,2%; Italia: -5,7%; Centro- Nord: -6,5%; Mezzogiorno: -3,4%).
In regione il numero di inattivi (persone non occupate e non in cerca di lavoro), a fronte di variazioni del +1,4% del Centro-Nord e del -0,3% del Centro- Sud, cresce del +2,8% (+16,1 mila unità), vale a dire che in Abruzzo, più che nel resto del Paese, è diffuso un clima di scoraggiamento che spinge sempre più persone ad uscire dal mercato del lavoro. Per quanto riguarda l’analisi di genere, le forze di lavoro maschili nel periodo 2020-III trimestre 2022 riportano una contrazione del -7,0%, molto peggiore del -1,9% italiano, del -3,3% del Meridione e del -1,3% del Centro-Nord, più accentuata di quella femminile (-5,2%) che invece è migliore del -5,7 del Sud e Isole ma più marcata del -2,8% na- zionale e del -1,8% della parte centro-settentrionale del Paese. Gli occupati registrano in regione flessioni di analoga intensità (uomini: -4,3%; donne: -4,4%) a fronte di incrementi della componente maschile della media nazionale (+0,8%), del Centro-Nord (+0,3%) e del Mezzogiorno (+2,1%) e di contrazioni di quella femminile meno incisive (Ita- lia: -0,8%; Centro-Nord: -0,2%; Sud e Isole -2,9%). Gli uomini inattivi aumentano (+6,5% maggiore del +1,3% italiano, del+2,5% centro-settentrionale e del -0,7% meridionale) più delle donne di pari condizione (+0,4%; Italia: +0,4%; Centro-Nord: +0,7%; Sud e Isole: -0,1%), i disoccupati maschi ri- portano una flessione (-33,0%), maggiore dell’Italia (-29,3%), del Centro-Nord (-27,3%) e del Mezzogiorno (-30,9%), e anche della diminuzione delle disoccupate regionali (-10,5%; Italia: -18,5%; Centro-Nord: -19,3%; Meridione: -17,5%).


Volendo analizzare con maggior dettaglio temporale l’andamento tra la fine del 2019 e il terzo trimestre 2022 si rileva, nel confronto con i valori nazionali e con quelli del Sud e Isole, sia sul fronte delle forze di lavoro sia su quello degli occupati, flessioni più pesanti nel 2020 e nel primo trimestre 2021, seguite da maggiori riprese nei tre trimestri successivi, periodo alla fine del quale le forze di lavoro e gli occupati regionali nel complesso hanno ripreso a diminuire in misura consistente. Rispetto alle medie nazionale e circoscrizionali nel corso del 2020 e del 2021 il numero di disoccupati in Abruzzo tende nel complesso a contrarsi in misura più consistente quale esito di maggiori cali nel 2020 e negli ultimi tre mesi del 2021, di decrementi meno importanti tra aprile e settembre 2021 e di un minor aumento nel primo quarto del 2021. Il 2022 è caratterizzato da una crescita in contro tendenza con il Centro-Nord e del Meridione del numero di persone in cerca di occupazione, accrescimento pressoché annullato dal nuovo crollo verificatosi tra luglio e settembre. Gli inattivi riportano un aumento superiore alla media nazionale e delle ripartizioni territoriali fino a marzo 2021, mostrano una maggiore flessione nel secondo trimestre di quell’anno e nel com- plesso tornano ad aumentare maggiormente fino a settembre 2022.


Il tasso di attività regionale, che alla fine del 2019 era quasi allineato a quello Italiano (56,8% contro 57,2%), nonostante il recupero del periodo aprile- dicembre 2021, a fine settembre 2022 è inferiore rispetto ad esso di -2,7 p.p (da 56,8% a 54,2%) con un arretramento peggiore di quello delle regioni meridionali e insulari (-0,8 p.p.), settentrionali (-0,7 p.p.) e centrali (-0,3 p.p.).

Al contrario di quanto si osserva altrove, anche il tasso di occupazione, che nel 2019 era più basso di poco più di un punto percentuale rispetto alla media nazionale, pur rimanendo superiore al valore del Mezzogiorno, decresce (da 50,5% a 49,1%) e aumenta in tal modo a proprio svantaggio il di- vario rispetto all’Italia (da -1,0 p.p. di fine 2019 a 3,2 p.p. del III trim. 2022).

Il valore del tasso di disoccupazione, superiore alla media nazionale al 31 dicembre 2019 di 1,2 p.p. (11,1% contro 9,9%), registra una contrazione pari a poco meno della metà di quella del Sud e Isole ( - 1,8 p.p. contro -3,8 p.p.) e lievemente inferiore al Centro (-2,1p.p.) e all’Italia (-2,2 p.p.).
Anche per quanto riguarda i tassi, la situazione maschile è peggiore di quella femminile. La misura della partecipazione al mercato del lavoro e dell’occupazione decrescono nel periodo considerato per gli uomini di -3,6 p.p. e di -1,5 p.p. e per le donne di -1,8 p.p. e di -1,4 p.p.. Il tasso di disoccupazione, che tuttavia è un indicatore ambiguo poi- ché, come nel caso in esame, non sempre indica il passaggio dalla condizione di persona in cerca di occupazione a quella di occupato, si contrae maggiormente nella componente maschile (-2,7 p.p. contro -0,7 p.p.).
La lettura di questi dati spinge a ritenere che si vada consolidando in regione una forte criticità strutturale del mercato del lavoro che si traduce più che a livello medio nazionale e del Mezzo- giorno in una diminuzione delle forze di lavoro. Tale fenomeno, che ha interessato gli uomini più che le donne, è dovuto solo in parte all’invecchia- mento demografico con conseguente diminuzione della popolazione in età attiva, ma è soprattutto riconducibile all’ampliamento dell’area dell’inattività della quale fanno parte le persone che non la- vorano e che, per difficoltà oggettive o per scorag- giamento, hanno smesso di cercare un’occupa- zione e, quindi, alla contemporanea diminuzione dei disoccupati e anche degli occupati.