Delitto Rigante. Ciarelli ha accettato il rischio di uccidere

Depositate le motivazioni della sentenza che ha condannato a 30 anni il rom responsabile dell'omicidio del 24enne tifoso del Pescara

Delitto Rigante. Ciarelli ha accettato il rischio di uccidere

OMICIDIO FOMENICO RIGANTE. IL GIUDICE: «CIARELLI SAPEVA CHE POTEVA UCCIDERE». "Ha sparato nella zona glutea, ma era consapevole delle conseguenze”. Queste le motivazioni depositate dal giudice Gianluca Sarandrea sulla sentenza dello scorso 3 febbraio con cui ha condannato a 30 anni di carcere Massimo Ciarelli, 29 anni, rom, per l'omicidio di Domenico Rigante 1° maggio del 2012.

Quella sera nell'appartamento in via Polacchi Rigante venne colpito al gluteo con un colpo di pistola calibro 38 da distanza ravvicinata. Il giovane, padre di pochi mesi, era stato prima picchiato e poi, nonostante avesse implorato il suo assassino di non sparare, questi ha fatto fuoco accettando, come scritto nella sentenza, il rischio delle conseguenze anche mortali che avrebbe potuto provocare l'eplosione.

Domenico Rigante morì intorno alle 22 di sera in ambulanza, mentre lo stavano trasportando in ospedale. Prima di lasciare questa terra, però, rivelò a soccorritori del 118 che ad avere fatto fuoco era stato Massimo Ciarelli, all'epoca 28enne, di etnia rom, col quale la sera prima aveva avuto uno scontro in corso Manthonè.

Ciarelli è rinchiuso nel carcere di Vasto dove sta scontando la sua pena. Con lui sono stati condannati a pene pesantissime anche i suoi parenti Angelo, Domenico, Antonio e Luigi Ciarelli a 19 anni e quattro mesi per omicidio volontario. 

L'arma usata per uccidere non è mai stata ritrovata.

Redazione Independent