Lunga vita alle pecore nere

La passione per l'Harley Davidson è qualcosa che ti porta lontano: anche nel cuore della notte, col freddo gelido e la pioggia che ti sputa in faccia la rabbia della natura

Lunga vita alle pecore nere

UNA PASSIONE TUTTA CROMATA. Cominciai a parlare che avevo tre anni. Beh, sì, un pò in ritardo. E non dissi il classico "Maaaamma". Ma "Bruuummm". E poi, quando ne avevo 12, mi capitò una rivista di moto in mano. Colori, luci, velocità e prezzi. E già con la fantasia salivo in sella e correvo, immaginavo curve al limite della fisica. E poi acceleravo, sempre! E nel girare quelle pagine mi colpì una pagina tutta nera, con una moto a fare da scenario e una poesia. "Cosa c'entrano una moto e una poesia?", mi domandai. I versi erano quelli di Carlo Talamo, importatore all’epoca di Harley Davidson: un personaggio incredibile che aveva fatto delle moto la sua vita. Sin da ragazzo, infatti, si accorse che un motore e un manubrio sapevano regalare sensazioni uniche. Un poeta del suo genere, capace di vedere dietro a un 'pezzo di ferro, cose che gli altri non riuscivano neppure ad immaginare. E, sapeva trasmettere tutto ciò con i suoi gesti, con le sue parole, perché una moto è qualcosa di speciale che odora di vita. Carlo raccontava in quei versi meravigliosi cosa si prova ad essere un motociclista. Di anni ne son passati, e di strada ne ho fatta tanta, ma c’era una poesia che volevo far mia: volevo viverla, volevo sentirla sulla mia pelle! Come?

COME UN GREGGE DI PECORE NERE. Immaginate un gregge di pecore. Immaginate che in questo gregge, ci sia una pecora nera. Provate a pensare a questo ovino, che ad un tratto, lascia il gregge per raggiungere la strada. E, adesso, chiudete gli occhi e sognate questa strada invasa da tante pecore nere dirette verso una grande città. Questo non è altro che un commercial dell'Harley Davidson, ma che si rispecchia spesso in ognuno di noi. Nella vita privata, sul lavoro e nel tempo libero. Essere una Black Sheep, non è un errore, ma un modo di essere. E, stai tranquillo, che non sei il solo. Così nasce un gregge di pecore nere appartenenti all'Harley Owners Group Pescara Chapter, che decide di raggiungere Bologna di notte, attraversando tutto l'Appennino. Qualcuno potrebbe dire che non è servito a niente! Ma altri lo rifarebbero sicuro. Altri sono felici, ed altri già ne sentono la nostalgia.

IL VIAGGIO COL CAPITANO. Partenza dalla concessionaria Harley Davidson Pescara. La sera prometteva bene: temperatura piacevole: nessuna nuvola e nessuna nebbia. Si sperava in un freddo pulito, senza acqua e neve a rendere infernale il viaggio. Ci mettiamo subito in direzione Popoli e, poi, L'Aquila dove è prevista una cena prima di mettersi seriamente in viaggio. L'andatura è allegra ma abbiamo un orario da rispettare. Forse l'unico, poi si arriverà. Quando? Non si sa. Viaggiare con il Capitano è sempre particolare, specie se gli si da carta bianca: sai quando parti e quando arrivi, ma come e quando, rimane sempre un'incognita. Dopo tutto è il "Capitano" : determinato, calmo, riflessivo ma attento, anche se qualche volta i suoi ""soldati"" sono indisciplinati. Dopo l'ultima uscita a Montecatini, c'era poco da fidarsi: 10 ore di moto inseguendo le nuvole con una pioggia incessante e penetrante: una vescica che se scoppiava, neanche te ne accorgevi, e per strada un fiume di acqua pronto sempre a nascondere qualche tranello: ma alla fine arrivammo, e se non era per l'acqua e qualche risata durante la permanenza, difficilmente sarebbe rimasto un bel ricordo. L'intenzione era replicare, e dopo cena, con l'adrenalina alle stelle, partiamo direzione Rieti. Il paesaggio e tranquillo. Il freddo pulito. Non abbiamo macchine che ci precedono e neanche ne incontriamo. Sulla destra e sulla sinistra ogni tanto si vedono luci di paesi: il panorama promette bene ma, neanche a farla apposta, incontriamo la nebbia: una stupida, umida, fredda nebbia. La strada inizia a farsi sconosciuta: l'andatura rallenta, e invece di essere panoramica, diventa più attenta. Inizia il duro, inizia il freddo, inizia l'impazienza di una sosta per sgranchirsi le gambe. Ci fermiamo a Terni. Aspettiamo qualche ritardatario che è rimasto dietro a sistemarsi gli occhiali. Ci accorgiamo di avere dall'altra parte della strada un ambulante e ne approfittiamo per prenderci un caffè. Qualcuno si fa un tè da "campo", qualcun'altro controlla la moto. Iniziano le impressioni, i punti di vista: il sonno e il freddo si fanno sentire, ma siamo consapevoli che c'è ancora tanta strada da fare. Il "Capitano" cerca di contattare un amico del Forum Chapter: penso che sia bello unirci con un altro Chapter e continuare insieme la strada. Penso anche che, forse, non siamo i soli ad andare in moto con quel freddo. Penso che forse non abbiamo fatto qualcosa di così esclusivo. Ci rimettiamo in moto. L'umidità e la nebbia ci accompagnano per altri chilometri: il tempo sembra essersi fermato: fuori solo freddo e nessuno. Gli occhialoni si appannano ad ogni respiro. Il parabrezza fitto di goccioline. Ci fermiamo in autogrill a fare benzina, e dopo una bella sosta, ci rimettiamo in marcia. Manca poco all'alba e gli occhi iniziano a chiudersi. Abbiamo fatto un bel po di strada, ed è tempo di fermarsi: ma il "Capitano" vuole metterci un po di ironia e fa finta di tirare dritto: subito il Bracci si affianca e tenta di speronarlo. Forse solo il Capitano avrebbe proseguito (si fa per dire) il sonno e la stanchezza adesso si fanno più pesanti. Si sta facendo giorno: si sente un'aria di conquista. Un tiepido sole cerca almeno di renderci la strada meno noiosa. Arriviamo a Cesena e dopo caffè e rifornimento ripartiamo per Bologna: mancano pochi chilometri ancora. Chiedo al Capitano, del Forum: hanno abbandonato l'avventura mi dice. Si son fermati a dormire. Il Run torna ad essere più esclusivo. Alcuni si tolgono il superfluo, altri rimangono come son partiti. Dopo uno zig zagare in mezzo al traffico spettatore, riprendiamo la super strada in direzione HD Bologna: siamo arrivati. Qualcuno guarda il gilet e forse si domanda perché quella fretta di arrivare al mattino da Pescara. Qualcun'altro immagina, qualcun'altro ci fa le foto. E' fatta. Siamo arrivati: stanchi ma felici. Consegno le patch: una bella pecorella nera con l'anno di riferimento: meritiamo un bel ricordo anche se son sicuro che con patch, o senza, il ricordo rimarrà sempre. Dopo un panino e un saluto, andiamo in albergo: inutile dire che anche lì c'è stata la beffa. Alcune camere non erano pronte, e inevitabilmente ci scappa solo da ridere. Dormiamo per poche ore. E come una vecchia poesia di Carlo Talamo - sogno i tornanti della strada che hanno il fondo di lucide pietre scivolose / vedo lontano, lucine che brillano, indicando un posto piccolino dove la gente sta dormendo / sogno che tutta l'aria del mondo sia così brillante / sogno che persone limpide e forti tornino a vivere nella citta dalla quale sempre più spesso vado via / sogno di incontrare occhi scuri e amici / sogno di vivere un tempo tranquillo / e il suono di questo vecchio motore / sogno una notte come stanotte. Ci vediamo al prossimo Black Sheep!

Alberto Diligenti