Rom in cella: «Siamo innocenti»

Omicidio Rigante - I cugini ed il nipote di Ciarelli si difendono con un alibi. Muriana: «Prove schiaccianti»

Rom in cella: «Siamo innocenti»

OMICIDIO RIGANTE, I ROM SI DIFENDONO - «Siamo innocenti, non eravamo presenti sul luogo dell'omicidio». Interrogati dal gip del Tribunale di Pescara Maria Michela Di Fine i tre fratelli, Antonio, Luigi e Domenico Ciarelli, presunti complici di Massimo Ciarelli, il rom di 29 anni arrestato sabato scorso con l'accusa di aver ucciso, il primo maggio, l'ultrà biancazzurro Domenico Rigante, si sono dichiarati estranei ai fatti. Angelo Ciarelli, il nipote di Massimo Ciarelli, si è invece avvalso della facoltà di non rispondere. L'accusa per tutti, compreso Massimo Ciarelli, è identica: omicidio, tentato omicidio, porto abusivo di armi, violenza, minacce e violazione di domicilio. 

IL DIVIETO, LE PROVE E LE TESTIMONIANZE - I tre, che si trovano nel carcere di San Donato a Pescara, hanno il divieto di incontrarsi tra loro e di parlare con altri detenuti. Il rischio è che potrebbero in qualche modo inquinare le prove ed i riscontri prodotti dalla Squadra Mobile di Pescara, che indaga sull'omicidio. Rinviati alla prossima settimana i sopralluoghi della Scientifica all'interno della Fiat 500 Abart, sequestrata a Fontanelle e di proprietà dei cugini di Ciarelli, ed all'interno dell'abitazione in via Polacchi a piazza Grue. Lo scopo, ovviamente è quello di trovare tracce del Dna che confermerebbero la presenza degli indagati il giorno dell'omicidio nel luogo del delitto. Molto importanti sono state le deposizioni dei testimoni che, dopo l'appello a collaborare con gli inquirenti da parte del dirigente Pierfrancesco Muriana, sembra avere avuto esito positivo.

IL LEGALE DEI ROM -  «I miei assistiti - ha detto l'avvocato Luca Sarodi al termine dell'interrogatorio in carcere - non c'entrano nulla. Davanti al gip si sono giustificati fornendo un alibi per la sera dell'omicidio. I tre - ha proseguito l'avvocato - erano in compagnia delle loro famiglie. Andremo a corroborare queste dichiarazioni di totale estraneità con delle testimonianze. Non c'entrano niente e lo dimostra anche il fatto che si è operato con un fermo che risponde a determinati presupposti, quale il pericolo di fuga ma in realtà si sarebbero allontanati da casa dopo la morte di Rigante per ragioni familiari. Faremo indagini difensive - ha concluso Sarodi - e dimostreremo la totale innocenza». Proseguono le ingagini perchè ci sarebbe un sesto indagato ma che al momento non è stato ancora deferito.

Marco Le Boeuf