Il Circus di Pierluigi Premier

Bersani fa il "pienone" di pubblico nel tour abruzzese. Ma il premio di maggioranza al 42,5 gli rovina la festa

PRIMARIE CENTROSINISTRA. PIENONE. AL CIRCUS. Pierluigi Bersani da Bettola, emiliano doc, 62 anni (11 in più di Barack Obama), già svariate volte ministro nei governi di centrosinistra (Industria con Prodi, Trasporti e navigazione con D'Alema e poi Amato, e Sviluppo Economico ancora con Prodi), una quindicina d'anni in Parlamento, sta correndo il rischio di vincere davvero le elezioni primarie del centrosinistra - il prossimo 25 novembre - e, quindi, di divenire l'ennesimo Presidente del Consiglio, targato Pd, e guidare l'Italia del dopo Monti. L'Abruzzo lo ha accolto a braccia aperte: il Circus di Pescara, luogo scelto dal comitato organizzatore per chiudere il tour elettorale, era così gremito che non c'entrava nemmeno uno spettatore pro-Renzi. Nella platea non poteva mancare, naturalmente, il meglio del "Gotha Democrat" abruzzese. A partire dall'ex Presidente del Senato, Franco Marini, si è distinta la figura del senatore teatino Giovanni Legnini (in odore di Sottosegretariato) e quella di tanti altri simpatizzanti (impossibile ricordarli tutti: erano una miriade), il cui sogno è quello di occupare una una comoda e remunerata poltroncina a Roma.

IL DISCORSO DEL FUTURO PREMIER. Bersani non stava beninissimo. Ha detto di essere leggermente influenzato e, probabilmente per questo, il suo discorso non è stato eccezionale. La folla adorante, specie quella delle prime file, ha squittito ed applaudito anche al minimo starnuto. Il segretario del Pd ha parlato "a braccio" un pò di tutto, ma è stato il tema del lavoro il vero "focus" che ha ipnotizzato la platea. Non si è potuto esimere dall'accuse alle destre (Berlusconi, Pdl e Lega) del "peggio del peggio" e di ogni male che oggi sta vivendo il nostro paese. Ma c'è stato un punto che ha toccato (nel senso più profondo del termine) il segretario del Partito Democratico: quello della legge elettorale. Il perchè è piuttosto ovvio.

 

LA LEGGE ELETTORALE. La commissione Affari costituzionali del Senato si riunirà martedì per tentare una trattativa dopo che Pdl, Lega e Udc hanno approvato l'emendamento che attribuisce il premio di maggioranza alla lista che ottiene almeno il 42,5 per cento. Naturalmente il segretario Pierluigi Bersani sa benissimo che il suo partito, compresa l'alleanza con Vendola e Di Pietro, difficilmente potrà raggiungere la quota indicata dal premio di maggioranza e governare/spartire la torta "Paese". A meno di un miracolo - molto improbabile allo stato attuale - e facendo "i conti della serva" Bersani dovrà scendere a compromessi sia col partito di Fini (Fli), oltre che con quello democristianissimo di Casini (Udc). E, forse, potrebbe anche non bastare: quindi perchè sconsiderare ancora un'alleto storico e "antagonista" come Rifondazione?. Se ciò dovesse accadere sarebbe come proporre e riproporre una corazzata Potemkim ovvero un "mostro" politico talmente ingovernabile che si tornerebbe a votare dopo appena 6 mesi. Ma qual potrebbe essere l'alternativa? Il "Porcellum" l'hanno voluto tutti. Ora resta solo un'unica grande certezza: è che tutte le parti in campo hanno rigorosamente fallito.

Marco Beef