Editoria in crisi. Anche il presidente emerito Chiodi difende la carta

L'ex governatore della Regione Abruzzo sulle vertenze dei quotidiani Messaggero e Tempo: «A rischio la pluralità dell'infomazione»

Editoria in crisi. Anche il presidente emerito Chiodi difende la carta

Gli Stati Generali della politica nazionale e abruzzese, sia quelli che sono al governo che all'opposizione, stanno rispondendo all'appello dell'Ordine dei Giornalisti che hanno chiesto un intervento deciso ovvero una soluzione alla crisi inarrestabile che sta travolgendo l'editoria cartacea, non solo in Abruzzo ma anche nel resto del paese.

Giusto, anzi giustissimo. Su ogni settore dell'economia in difficoltà si deve intervenire e lo si è sempre fatto: agricoltura, industria, turismo, costruzioni, mobili, auto, etc. Ergo, anche per la detestata editoria è giusto che si faccia qualcosa e bene, e non solo per salvaguardare posti di lavoro e fatturati che producono punti percentuali di Pil.

Dopo la chiusura dell'Unità, il giornale fondato da Antonio Gramsci, nuovi piccoli, ma non per questo meno pericolosi, fronti di crisi occupazionale si stanno aprendo a livello locale: in Abruzzo, ad esempio, si parla con insistenza della possibile chiusura della redazione del quotidiano "Il Tempo" e della chiusura della redazione di L'Aquila del quotidiano "Il Messaggero".

Dopo le manifestazioni di solidarietà del sindaco di Pescara Marco Alessandrini (PD) è toccato al presidente emerito Gianni Chiodi, consigliere regionale di Forza Italia, esprimere solidarietà ai giornalisti e collaboratori dei due quotidiani, coinvolti in un processo di ristrutturazione delle testate che vede le redazioni abruzzesi fortemente penalizzate dai nuovi assetti. «ll pluralismo dell'informazione in Abruzzo - ha ribadito Chiodi - rischia di essere annullato a vantaggio solo di alcune voci». Già nel corso dell'anno anche il principale quotidiano d'Abruzzo "Il Centro" - giornale querelato dall'ex governatore, a suo dire, per aver condotto una campagna mistificatoria nei suoi primi anni di mandato alla guida dell'Abruzzo - aveva chiuso la redazione di Chieti sollevando le ire della classe politica e della civis teatina ritenuti penalizzati dalle scelte dell'editore.

Ma cosa fare?

Discorsi simili stanno avvenendo un pò ovunque in Italia dove non si contano più le situazioni di semi-sfruttamento e/o schiavitù cui sono sottoposti i collaboratori dei giornali costretti a onorari da "fame" pur di poter avere una speranza di lavorare nel settore dell'informazione. Da ultimo, tanto per fare un esempio e non citare i vari comitati da 5euronetti, il tapiro al noto giornalista Valerio Staffelli accusato per l'offerta di uno stage da 400 euro ad una 28enne precaria Giovanna Ferrero.

Ma il vero problema qual è? Quali sono le soluzioni da impiegare in un settore che, probabilmente, non ha più ragioni di esistere nell'economia di mercato se non attraverso il saccheggio dei fondi pubblici e rendere il comparto sano?


A nostro modestissimo avviso dare denaro ad editori che stampano carta, ma che lavorano di più sul web, e che prendono centinaia di milioni di euro ogni anno tramite contributi diretti e indiretti (pubblicità legale), rappresenta una profonda ingiustizia verso gli altri operatori di settore - i siti d'informazione indipendenti - che, al contrario, sopravvivono soltanto con le proprie forze e facendo affidamento esclusivamente con le loro abilità imprenditoriali. 

Il messaggio, seppur banale, è chiaro: o si danno soldi a tutti (editori cartacei e non) ovvero non li si dà a nessuno, e chi sopravvive è bravo. Altrimenti, alimentando in maniera distinta chi dice di fare informazione ma in realtà è soltanto un palliativo per prendere denari e tutelare interessi di parte, resterà un problema per l'Italia e gli italiani e non soltanto da un punto di vista economico. Ecco.

Il Sub