Tensioni nel Mar Arabico legate al petrolio. La Cina pensa ad una scorta militare

La situazione nello Stretto di Hormuz dopo che due petroliere, una giapponese e una norvegese, sono state attaccate con mine navali da ignoti

Tensioni nel Mar Arabico legate al petrolio. La Cina pensa ad una scorta militare

La Cina starebbe pensando di far scortare le proprie imbarcazioni commerciali nel Golfo Persico- E' quanto dichiarato martedi' a Reuters dall' ambasciatore cinese negli Emirati, che ha poi aggiunto di stare studiando la proposta degli Stati Uniti sulla sicurezza nel Golfo. Gli Usa infatti stanno facendo pressioni sulle altre nazioni per stabilire una coalizione marittima a sorveglianza dello stretto di Hormuz, sono convinti che ci sia l' Iran dietro l' incidente avvenuto a giugno nel golfo dell' Oman quando due petroliere, una giapponese e una norvegese, sono state attaccate con mine navali da ignoti. Gli iraniani da parte loro negano ogni responsabilita'  nell' attacco e minacciano di chiudere al traffico commerciale lo stretto, dove ogni anno transita un quinto del traffico mondiale di petrolio, se non dovessero essere messi in condizione di commerciare in liberta' come stabilito dagli accordi sul nucleare iraniano del 2015. Le frizioni tra i due stati sono aumentate notevolmente da quando lo scorso anno il presidente americano Donald Trump decise di disconoscere il trattato firmato dalla precedente amministrazione facendo uscire gli Stati Uniti dall' accordo sul nucleare. Trump e il suo consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton non vedono di buon occhio il regime iraniano e le sistematiche sanzioni inflitte dal Dipartimento del Tesoro statunitense che ultimamente colpiscono il regime su vari livelli sono prova di cio'. Gli ultimi incidenti nel golfo persico arrivano in un clima di tensione crescente. Gli Stati Uniti stanno faticando piu' del previsto nel convincere gli alleati, europei e asiatici, ad unirsi in una coalizione nel golfo persico, la preoccupazione generale tra gli alleati e' che le tensioni possano peggiorare. La Gran Bretagna fino ad ora e' l' unica nazione ad aver aderito alla proposta statunitense (il mese scorso una nave cargo inglese e' stata sequestrata dalle guardie della rivoluzione iraniane, per violazione del codice marittimo. Poco prima gli inglesi avevano sequestrato a Gibilterra una petroliera iraniana con l' accusa di violare le sanzioni contro la Siria). Contemporaneamente lavora insieme a Germania e Francia (che con Russia e Cina sono tra i firmatari dell' accordo sul nucleare del 2015) per trovare un sistema che faccia in modo di aggirare le sanzioni. A discapito della sua importanza a livello regionale la Cina non e' mai stata eccessivamente coinvolta nelle questioni mediorientali, ma ultimamente con il presidente Xi Jinpin sta assumendo un ruolo di maggior rilievo e mantiene rapporti amichevoli sia con l' Iran che con l' Arabia Saudita, storici rivali. Non e' chiaro se Washington abbia fatto richiesta ufficiale a Pechino di unirsi alla coalizione e le parole dell' ambasciatore Ni Jian a riguardo sono ambigue, cio' che e' chiaro, e risulta da un' inchiesta del NY Times datata 3 agosto 2019, e' che la Cina e' tra i maggiori importatori di petrolio iraniano, petrolio che compra a un prezzo vantaggioso violando le sanzioni unilaterali imposte dagli Stati Uniti. A tal proposito e' possibile che uno dei timori della Cina sia quello che possa accadere a una propria petroliera nello stretto di Hormuz la stessa cosa accaduta a Gibilterra alla petroliera iraniana, ovvero il sequestro per violazione delle sanzioni. L' interesse della Cina, specialmente alla luce della guerra commerciale inaugurata da Trump, e' quello di preservare i propri interessi economici nella zona. Le dichiarazioni dell' ambasciatore cinese ad Abu Dhabi andrebbero lette in questa ottica.

Federico Panunzio