Project management e intelligenza artificiale, in che modo può tornare utile per le soft skill?

 

Il dibattito sull’impatto dell'Intelligenza Artificiale nella nostra quotidianità è entrato nel vivo già da diverso tempo. Molti sostengono che la sua pervasività potrebbe annichilire completamente il lavoro e l’intervento umano, riducendo l’uomo quasi a esecutore di regole date dall’algoritmo dell’AI, altri, con una visione più ampia sull’argomento, ridimensionano l’impatto posizionando l’Intelligenza Artificiale al servizio dell’uomo.

La verità è che questa profonda trasformazione è appena iniziata e bisognerà attendere gli anni a seguire per capire a fondo in che modo l’intervento delle macchine intelligenti potrà condizionare la nostra vita. Ma una verità, molto probabilmente, resta immutata, per quanto sofisticata, l’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire l’uomo e le sue relazioni col prossimo.

Questo vale anche in un contesto di vita dove la razionalità e la logica sembrano prendere il sopravvento sulla componente relazionale ed emozionale, come il mondo del lavoro.

Un po’ in tutti i settori, ormai, si sta guardando con attenzione a come sfruttare al meglio l’intelligenza artificiale, senza che questa sostituisca completamente l’operato umano e, per avere un’idea molto precisa del rapporto tra le due intelligenze, si può prendere ad esempio una professione trasversale e molto ben inserita nei diversi settori di mercato come il project manager.

Questo ruolo, da sempre ritenuto fortemente tecnico e organizzativo, nasconde una componente umana molto forte, in termini di competenze ed efficienza professionale.

La capacità di creare fiducia, motivare i team, negoziare con gli stakeholder, gestire conflitti o facilitare la collaborazione sono le competenze chiave del successo di un Project Manager, soprattutto in contesti dove l’automazione è sempre più presente.

In altre parole, con le evoluzioni tecnologiche e l’incremento delle automazioni meccaniche, ciò che sta venendo a galla in termini di valore distintivo riguarda più che altro le soft skill di un professionista impegnato nel project management.

Fino a qualche anno fa, infatti, si parlava di soft skill come complemento alle hard skill. Oggi, invece, queste sono sempre più centrali. 

Gli studi concordano sul fatto che tra le competenze più richieste nel 2025 trovano posto pensiero critico, intelligenza emotiva, leadership e comunicazione efficace

Una tendenza che trova giustificazione nel fatto che più le macchine diventano intelligenti, più il valore del lavoro umano si sposta su ciò che le macchine non sanno fare, relazionarsi con empatia e spirito di autorevolezza.

Nel project management questo significa saper coordinare team multiculturali e distribuiti, favorire un clima di fiducia e benessere, leggere dinamiche implicite nei gruppi di lavoro, comunicare obiettivi in modo empatico.

In altre parole, il project manager di oggi deve essere il collante che tiene insieme persone, strumenti e risultati.

Ecco allora che anche la formazione professionale, sempre utile a professionalità cruciali come coloro che gestiscono i processi organizzativi aziendali, deve allinearsi con queste nuove esigenze.

Allo stato attuale, è necessario che il PM impari bene ad allenare le competenze relazionali, la leadership, la capacità di relazionarsi con interlocutori eterogenei e non sempre presenti in sede di lavoro.

Il project manager del futuro sarà probabilmente un professionista in grado di dialogare con l’intelligenza artificiale e, allo stesso tempo, guidare le persone con intelligenza emotiva.

Esattamente su questo punto il Master in Project Management di 24ORE Business School si distingue con un’impostazione moderna e completa, in cui le competenze tecniche si affiancano a un solido percorso di crescita personale. 

Il programma include moduli dedicati alla leadership empatica, negoziazione e alla gestione dei team, offrendo strumenti concreti per guidare progetti complessi che vedono le persone al centro. 

Questo approccio è rafforzato, tra l’altro, anche da una facultycomposta da manager, coach e professionisti attivi nel mondo aziendale, che stanno vivendo e sperimentando con successo l’impatto dell’AI nel lavoro di tutti i giorni, dimostrandosi capaci di portare in aula non solo teoria ma esperienza sul campo. 

Tante volte, infatti, proprio la gestione delle relazioni e della componente umana, nei gruppi, trova sfumatura, nella pratica, ben diverse da quelle predicate in letteratura.

Per questa ragione 24ORE Business School, che conosce molto bene le dinamiche umane all’interno delle imprese, ha preferito portare professionisti attivi sul campo, nel corpo docenti, così da trasmettere pratiche realmente utili e pratiche, piuttosto che solo nozioni teoriche.

In buona sintesi, allora, dinanzi a uno scenario in cui le macchine ci supportano nelle analisi e nell’automazione dei processi meccanici, investire in un percorso che valorizza anche soft skill e capacità relazioni, si dimostra la scelta più lungimirante per il proprio futuro professionale.