Io sono Ironman

E' così un bel giorno ti trovi in riva al mare inattesa dello start: davanti 1.900 metri a nuoto, 90 Km in bici e 21 Km di corsa. Perchè mi è venuta in mente questa follia?

Io sono Ironman

IO? VADO ALL'IRONMAN - E così un bel giorno di giugno ti trovi in riva al mare, in attesa dello start, in compagnia di altre 1959 persone, provenienti da 50 stati diversi, per nuotare per 1.900 metri, saltare in bici per 90 km e correre in città, scalando pure il “Ponte del Mare”, per circa 21 km. Il “giorno del giudizio” è arrivato e le preoccupazioni aumentano: sono in condizione?? Mi sono allenato troppo o troppo poco? Ce la farò a portare a termine la gara? Ce la farò a migliorarmi rispetto allo scorso anno? Come sono arrivato sino a qui? Le stesse domande nella testa di 1960 individui che, anche il prossimo 10 giugno, popoleranno le vie di Pescara coi i loro bodies sfavillanti

ERO PRONTO PER LA PASSIONE? - Tante volte ne ho parlato con amici o conoscenti giungendo alla conclusione che se non provi è cosa difficile, se non impossibile, capire. Anzi, forse, io ho iniziato proprio per capire. Se hai una bicicletta da corsa e un pò di pratica ciclistica sei già a buon punto. Questo mi sono detto per diverso tempo, prima di trovare in Luca (un vecchio amico) un “degno compare” con cui condividere i nostri primi passi nel triathlon, seguendo i consigli di un altro amico (Paolo) subito ribattezzato “Guru”, per l’approccio filosofico allo sport, la preparazione tecnico-scientifica, le capacità comunicative e l’instancabile spinta motivazionale che ci ha sempre dato. Il problema è che non ero affatto a buon punto. Ho scoperto che non è sufficiente nuotare, andare un pò in bici e fare qualche uscita di corsa a settimana, ma che bisogna prepararsi nel fondere queste tre attività in un’unica espressione di resistenza e forza, prima di tutto mentale: il fisico va preparato, certo, ma senza una buona predisposizione d’animo è difficile riuscire a fare qualcosa di buono.

TABELLE E ALLENAMENTI - Sul web fioccano tabelle di allenamento, più o meno serie e corrette, ma nessuno ti dice come potrai vivere questo sport, come potrai sentirti in un lago ghiacciato in mezzo ad altre centinaia di persone che sbracciano, senza esclusione di colpi, per seguire la rotta migliore, o mentre ansimi sulla bici facendo una salita che sembra non finire mai, oppure mentre ti trovi a metà strada nella frazione di corsa, piove, e vedi che in tanti già hanno finito le loro fatiche mentre tu sei ancora lì a combattere con le gambe dure, cercando di interpretare i segnali che manda il tuo cuore. Queste cose le scopri solo passandoci, però puoi far qualcosa per cercare di viverle bene, con serenità, conscio di quello che puoi fare e dare. “E’ con la pazienza che il frutteto diventa marmellata”………..questa è la prima “lezione” che ho ricevuto dal Guru: non bisogna aver fretta, si deve aver costanza e, aggiungo io, equilibrio, da ricercare negli allenamenti come in gara.

LA CHIAVE? E' L'EQUILIBRIO - Prima di tutto, però, l’equilibrio va trovato tra l’attività lavorativa, la vita familiare e sociale e gli allenamenti, cosa non facile, possibile solo grazie all’aiuto di coloro che ci stanno intorno che con pazienza, pure loro, si vedono costretti a fine settimana solitari per allenamenti lunghi o gare, a tollerare sveglie impossibili o sopportare lamentele su un ginocchio gonfio, su una spalla bloccata o sui chili, sempre, di troppo. Poi bisogna calibrare la preparazione nelle tre discipline, seguendo ovviamente le proprie attitudini e capacità, cercando di migliorare la propria condizione di base in quelle in cui si è carenti, senza mai strafare, senza chiedere al fisico sforzi eccessivi che spesso risultano inutili ed anzi dannosi, perché magari fatti troppo presto rispetto alla preparazione o troppo tardi rispetto alla gara. E in gara si deve gestire la tensione nervosa prima e lo sforzo fisico poi, mangiare e bere per mantenere quel minimo di forza che permette di arrivare fino alla fine sotto quel maledetto, fantastico, traguardo.

PAZIENZA E MOTIVAZIONI - Alla pazienza ed all’equilibrio devono aggiungersi le motivazioni. Quelle sono diverse da persona a persona: tanta e varia è l’umanità che si incontra per strada, dall’agonista incallito, che non può fare a meno del clima gara e quindi non essendo più giovanissimo si lancia nello sport di resistenza, sino al deluso dalla vita di tutti i giorni, che attraverso la fatica riesce a dimenticare per un po’ il capo schiavista o la moglie (o il marito) oppressiva. Io cerco di appagare il mio bisogno di stare in movimento, la voglia di stare all’aria aperta il più possibile – gli allenamenti al chiuso (piscina) sono insopportabili – magari lontano dal traffico ed in compagnia di qualche compagno di squadra dell’I.T.A (INUIT TRIATHLON ABRUZZO)  o delle “Toghe in Fuga”, con cui condividere la, tanta, fatica. Il triathlon è sport individuale per eccellenza, sei da solo a soffrire in gara, quando inevitabilmente ti trovi a fare i conti con te stesso, però la squadra è fondamentale per aiutarti non solo dal punto di vista organizzativo, ma perché è con i compagni di allenamento che ti confronti e cresci, è anche grazie a loro che scopri nuove energie, nuovi limiti.

E I SACRIFICI? - E poi ci sono i sacrifici. E’ necessaria una meticolosa programmazione degli allenamenti, fasi di carico e scarico opportunamente alternate, il tutto seguendo una dieta corretta……..questa la teoria, poi la pratica per molti amatori è ben diversa. Sveglie anomale spesso aprono le giornate di chi, tra i mille impegni quotidiani, cerca di fare un’ora o più di allenamento, e allora il mattino presto può essere un buon momento per fuggire da tutto e tutti, per tuffarsi in mare e rendersi conto di esser soli, padroni assoluti di una parte di Adriatico. Oppure si è costretti a “saltare” il pranzo per poter fare, ancora una volta, la solita salita in bici – ma è la più vicina a casa e quindi va bene – per poi fare una doccia in fretta e furia e tornare al lavoro con le gambe che bruciano ed una sete pazzesca. Poi c’è chi quando tutti già stanno sbadigliando davanti la tv è lì che allaccia le scarpe, accende l’i-pod e inizia a correre alla luce di pochi lampioni, cercando di evitare le buche sul marciapiede, e, piano piano, sente sparire la stanchezza della giornata e salire quella fisica e si sente soddisfatto, appagato e carico, ma poi gli basterà vedere il letto per “svenire”. Ma sono proprio i sacrifici, condivisi da chi più ti è vicino e ne fa altrettanti, a prepararti per l’appuntamento più atteso, la gara programmata, quella più importante, quella in cui devi dare tutto.

"FINISHER" NELLA MIA CITTA' - L’anno scorso si è svolta la prima edizione di Ironman Pescara, manifestazione che ha riscosso consensi ed apprezzamenti sia tra gli atleti che tra il pubblico, anche quello che ignorava del tutto l’esistenza del triathlon e si è avvicinato alle transenne magari attirato dalle scintillanti bici da cronometro. Gareggiare nella propria città, ricevendo il sostegno e l’applauso di tanti che magari ti conoscono appena, ma sono lì che soffrono con te, ti trasforma, ti riempie di energie, ti fa dimenticare i crampi, la sete, non ti fa sentire quella vocina calda e avvolgente che nelle altre occasioni viene a suggerirti di fermarti, no, non puoi fermarti, devi passare sotto quello stramaledetto, traguardo, e non t’importa nulla se gli ultimi metri li fai con le lacrime agli occhi e quel sorriso ebete stampato sul volto affaticato: sei un “finisher” e lo sei a casa tua, non puoi chiedere altro.

ANCORA UNA VOLTA - E’ per sensazioni ed emozioni come queste che ci affanniamo a nuotare, pedalare e correre, ma pure per conoscere posti nuovi e gente diversa, per scoprire che in fondo lo stesso sostegno che abbiamo ricevuto in casa è pronto a darcelo chi, a centinaia di chilometri, infischiandosene dei professionisti passati da tempo, è ancora in strada ad applaudirti, riconoscendoti meriti nella sana follia che ti anima. Il 10 giugno è ormai arrivato, non resta che sistemare la zona cambio (la base logistica dove ciascuno sistema la propria bici e quanto necessario per affrontare le tre frazioni), mettere la muta e attendere lo start, con la convinzione che, come recita uno dei motti dell’organizzazione Ironman, “anything is possible”!

Roberto janigro