Il boomerang degli immigrati

Sul tema caldissimo della politica Usa e Internazionale il nostro Benny Manocchia ricorda l'origine della schiavitù e una teoria che certamente farà discutere ...

Il boomerang degli immigrati

IL BOOMERANG DEGLI IMMIGRATI. Ieri ho rivisto a Manhattan un vecchio amico che conobbi quando arrivai la prima volta in America. Per anni docente di letteratura inglese, fu lui a suggerirmi un titolo per un articolo che stavo preparando sulla sua scuola. Disse: "Yale, l'universita' di chi deve diventare qualcuno". Lo usai fece centro. Ora il professore - bonta' sua - voleva sentire il mio parere su una teoria che lui aveva studiato da un po' di tempo. C'e' voluto poco  per capire che la sua piu' che una teoria e' il risultato  di una vera e propria scoperta. Mi ha spiegato il professore della Yale: "Quando gli Stati del Sud importarono i neri d'Africa per usarli nei campi per il raccolto del cotone, lo scopo della gente di laggiu' venne raggiunto. E tutti felici e contenti, tranne ovviamente gli schiavi umani". Ragionamento che non fa una piega. "Poi - ha subito aggiunto il mio vecchio amico - il Nord si ribello', gente come Kennedy e Johnson si fece in quattro per rendere liberi gli schiavi neri. Un po' alla volta ottennero i risultati sperati. Gli schiavi, non piu' schiavi, cominciarono a votare rendendo felici certi gruppi politici che vedevano nei neri d'Africa una montagna di voti a loro favore". Anche qui e' tutto chiaro. Pero' le cose non vanno sempre cosi'. I figli e i nipoti degli ex schiavi avevano programmi politici diversi da quelli dei loro ex sponsors. "Insomma  - esclama il vecchio professore - il classico boomerang che torna indietro e ti colpisce in faccia.". Francamente non ho dovuto chiedergli ulteriori dettagli. La sua teoria era in realta' una scoperta: quando una grossa parte di una nazione vuole fare entrare i cosiddetti immigranti, non e' sempre detto che questi si mostreranno favorevoli a chi li ha lasciati entrare". Chi non accetta lo studio del mio vecchio professore e' libero, naturalmente, di dire la sua.

Foto: una scena del celebre remake 'Django Unchained' di Queentin Tarantino

Benny Manocchia