I gestori incrociano gli ombrelloni

Lo sciopero dei balneatori contro la Bolkestein. Il 3 agosto disservizi in spiaggia fino alle 11 del mattino

I gestori incrociano gli ombrelloni

BALNEARI, IL 3 AGOSTO LO SCIOPERO - Il prossimo 3 agosto gli stabilimenti balneari abruzzesi, in concomitanza con il resto d’Italia, incroceranno gli ombrelloni in segno di protesta contro il silenzio del Governo in merito alla vertenza che rischia di estromettere dal mercato oltre 800 aziende abruzzesi. L’annuncio arriva da Fiba-Confesercenti, l’associazione più rappresentativa in Abruzzo, dopo la riunione nazionale in cui si è deciso di proclamare la storica astensione dal lavoro, in piena stagione, assieme a Sib-Confcommercio, Cna-Balneatori e Assobalneari-Confindustria. «I clienti degli stabilimenti dovranno aspettare le 11 del mattino per potersi riparare dal solleone, fino a quando cioè i gestori riprenderanno la normale attività dopo aver reso note le motivazioni del fermo. Saranno regolarmente garantiti i servizi di salvataggio» sottolinea il presidente regionale e vicepresidente nazionale di Fiba-Confesercenti Antonio La Torre, «e in particolare la protesta mira a dire no alle aste degli stabilimenti previste dall’Unione Europea a partire dal primo gennaio 2016. In Abruzzo sono a rischio oltre 800 aziende familiari sane, che fanno un servizio utile alla collettività, rappresentano la caratterizzazione italiana del turismo costiero e soprattutto danno occupazione. Chiediamo all’esecutivo la riapertura del tavolo di confronto per redigere un documento condiviso con le misure da mettere in campo per superare la condizione di difficoltà che sta paralizzando il settore balneare già fortemente provato dagli effetti della crisi economica. E chiediamo questa volta ai sindaci ed ai consiglieri comunali abruzzesi, ai quali stiamo scrivendo una apposita lettera, di partecipare alle manifestazioni: è il momento di passare dagli ordini del giorno e dalla solidarietà alla protesta fattiva e concreta a sostegno delle uniche industrie non delocalizzabili, quelle turistiche, che rischiano di finire nelle mani di multinazionali».