Vuoi correre? No, non puoi!

Il caso della Pineta Dannunziana - E' estate, i lavori assegnati ma c'è un piccolo dettaglio: i cancelli chiusi

Vuoi correre? No, non puoi!

IL MISTERO DELLA PINETA DANNUNZIANA - La storia si trascina da gennaio. Dalla terribile (?) nevicata che ha coperto Pescara di una fitta coltre bianchissima, rendendola persino più carina di quello che è. Il problema però è che il peso della neve ha fatto "secchi" i meravigliosi pini secolari presenti nelle zone verdi della città che diede i natali a Gabriele Rapagnetta (appunto D'Annunzio) e Luigi Albore Mascia. L'incuria e la mancanza di cultura del verde hanno fatto il resto. Risultato? Centinaia di alberi bellissimi abbattuti, molti pericolanti - soprattutto nella zona del parco d'Avalos (Comparto 3 e 4) - sono lì che attendono di essere tagliati ed utilizzati nei camini per riscaldare le abitazioni d'inverno. Fin qui, tutto bene. Il problema è che tutto ciò è successo a gennaio ed oggi siamo in piena "canicola" africana.

L'APPALTO PER TAGLiARE GLI ALBERI Il 4 giugno scorso sono state aperte le buste contenenti le offerte delle imprese invitate a partecipare alla gara d’appalto per l’affidamento dei lavori di riqualificazione nella Riserva naturale dannunziana a Pescara negli ultimi comparti chiusi: il 3 ed il 4. Si tratta della zona del laghetto e quella preferita dai podisti e dai runner per fare delle bellissime corsette al fresco, ma per il momento non si può fare nulla. Il 22 maggio l'assessore ai parchi del Comune di Pescara Renzetti diceva che «l'obiettivo era quello di riaprire prima dell'estate». Ma se si continua così, considerando che l'estate entra ufficialmente tra 5 giorni (21 giugno) si può tranquillamente dire che ha cannato la previsione. Secondo il progetto di appalto, tra i due comparti è prevista la rimozione di 53 piante già crollate a terra, 117 sono gli alberi pericolanti da abbattere e 365 quelli da potare. Un lavoro non incredibile, ma che si deve fare. Oltretutto si poteva evitare di spendere denaro (oppure spenderne meno), magari utilizzando i detenuti del carcere di Pescara.

Marco Beef