Veleni Bussi. Storia infinita

Nella primavera del 2007 la Forestale scoprì la discarica più grande d'Europa. Ma il processo fatica a partire

Veleni Bussi. Storia infinita

BUSSI. IL 'VELENO' D'ABRUZZO. Nella primavera del 2007 il Corpo forestale dello stato scoprì qualcosa che soltanto a pronunciarne il nome faceva paura. Sepolti sotto il terreno, in quello che è definito il "cuore verde" d'Europa, a pochi chilometri da Pescara e dalla sorgente che abbevera quasi 200mila persone, erano state occultate oltre 500mila tonnellate di rifiuti tossici industriali. Tamto per rendere un'idea spaziale della gravità della cosa l'area avvelenata venne paragonata, per dimensioni, a 20 campi da calcio. Così, dato che fino ad allora non c'erano stati casi simili, quel deposito di veleni nel Comune di Bussi sul Tirino, in provinicia di Pescara, venne giustamente definito la "Discarica più Grane d'Europa". Lo scempio sarebbe stata realizzata dal 1963 al 1972 su un terreno che dal 1999 è di proprietà della ‘Come Iniziative Immobiliari srl’, oggi Montedison Srl, nel comune di Bussi sul Tirino.

SOTTO ACCUSA I VERTICI MONTEDISON. Naturalmente la magistratura aprì un'inchiesta e subito il dito venne puntato verso il board di quello che, una volta, era stato il polo chimico d'Abruzzo: cioè i vertici dell'ex Montedison e, poi, quelli di Solvay. Per quella vicenda la procura di Pescara (pubblici ministeri Bellelli e Mantini) aprì un'inchiesta nella qualle vennero rinviati a giudizio diciannove persone, accusati del reato di adulterazione dolosa delle acque e disastro ambientale doloso. Furono coinvolti anche i vertici gli ex vertici Aca e Ato, Bruno Catena  e Giorgio D'Ambrosio, oltre all'attuale direttore generale dell'Aca Bartolomeo Di Giovanni, l'ex sindaco di Francavilla Roberto Angelucci, all'epoca dei fatti ex vice presidente Ato.

TRIBUNALE INCOMPETENTE. PROCESSO DA RIFARE. Mentre era in corso di svolgimento il processo presso il tribunale di Pescara, in realtà eravamo ancora nella fase istruttoria, i pubblici ministeri, Bellelli e Mantini, hanno riformulato il capo d'imputazione principale, ritenendo che il fatto fosse riconducibile ad una ipotesi di avvelenamento delle acque e non invece di adulterazione come prospettato dal Gup, De Ninis, all'esito dell'udienza preliminare. In funzione di tale circostanza i pubblici ministeri hanno eccepito l'incompetenza per materia del Tribunale di Pescara in favore della Corte d'Assise di Chieti, chiedendo che il processo vada sottoposto alla cognizioine di quel Giudice. Così è stato. Il Gup Antonella Di Carlo il 26 marzo scorso ha dichiarato l'incompetenza del tribunale e trasmesso gli atti all'ufficio del pubblico ministero per la nuova formulazione delle ipotesi d'accusa. Così dopo quasi cinque anni si è tornati di nuovo al punto di partenza,

IL RISCHIO PRESCRIZIONE. Nell'udienza prevista questa mattina il Gup Gianluca Sarandrea ha rinviato al 31 gennaio del 2013 la decisione sul rinvio a giudizio delle persone imputate nel processo. Mentre ha ammesso, come parti civili, oltre al Comune di Bussi sul Tirino e Castiglione, anche il Comune di Pescara, la Provincia di Pescara e le tante associazioni di ambientalisti (Wwf, Mila Donna Ambiente, Codici, Legambiente, etc.. ). Il rischio, nonostante la gravità dei capi di imputazione, è naturalmente quello che il processo si dilunghi per tempi biblici, fino a consetire la prescrizione dei reati. D'altra parte, i legali dei colossi della chimica sono pagati, e profumatamente, per questo. Staremo a vedere.

Marco Beef