Un lettore ci scrive

Paolo Ricci, un lettore di Abruzzo Independent, ha mandato una mail per commentare l'articolo "centrale fater, dov'è l'etica?"

Un lettore ci scrive

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO - Ho cercato di inviare il commento all'inchiesta (http://www.abruzzoindependent.it/news/Centrale-Fater-dov-e-l-etica/412.htm) in oggetto, ma pare sia troppo lungo. Quindi vi mando questa e.mail. "Vi scrivo perché leggendo il vostro articolo ho avuto modo di verificare i danni fatti da un’informazione distorta e per cercare, sulla base della mia esperienza, di dare un altro punto di vista sull’etica della coltivazione della jatropha. Mi riferisco in particolare ai riferimenti da voi fatti sull’inchiesta di Report sull’accaparramento delle terre. Non entro nel merito della centrale in questione di cui non so nulla, nemmeno da dove sarà importato l’olio necessario. Io, che tra l’altro sono abruzzese di nascita, opero da anni in Senegal in progetti di cooperazione e, da circa due anni, dirigo anche una società senegalese (SEV – Senegalaise d’Energie Vegetale) per la produzione di biocombustibili da jatropha e altre oleaginose. Abbiamo incontrato in Senegal la troupe di Report (Piero Riccardi e Ernesto Pagano) e un rappresentante di ActionAid (Roberto Sensi) per la loro inchiesta. Ebbene, dopo due giorni di riprese e interviste in cui abbiamo mostrato loro quello che facciamo e come lo facciamo, nel loro servizio sono stati estrapolati alcuni secondi per dimostrare la loro tesi dell’accaparramento delle terre agricole e dello sfruttamento delle risorse idriche per produrre biocarburanti. Ho già scritto loro per esprimere il mio disappunto su come anche loro manipolano l’informazione, per sostenere tesi demagogiche e prese di posizione che non fanno altro che creare difficoltà a chi investe di tasca propria (senza sovvenzioni o finanziamenti pubblici) in un settore, quello dei biocarburanti, che rappresenta una fonte di energia alternativa per i Paesi “ricchi” e un’opportunità di sviluppo sostenibile per Paesi, come il Senegal, completamente dipendenti dalle importazioni di petrolio e gas.

Ovviamente c’è modo e modo di fare le cose. Noi operiamo in varie zone del Senegal nel rispetto dell’ambiente e delle popolazioni. Al Nord, più arido, lavoriamo in accordo con i contadini che, accettando di coltivare la jatropha (utilizzandola principalmente come recinzioni dei loro campi) in associazione con le loro colture agroalimentari pluviali (arachidi, miglio e niebé) permette di incrementare la rendita dei loro terreni. Faccio presente che tra i soci della nostra società c’è anche un’organizzazione contadina senegalese. Al centro e al sud, dove la pluviometria lo permette (perché la jatropha cresce bene con piogge superiori ai 600 mm/anno senza bisogno di apporti idrici, a parte minimi apporti a volte necessari nei primi due anni di coltivazione), abbiamo piantagioni su terre non utilizzate per produzioni agricole alimentari, date in concessione dalle Comunità Rurali.

Inoltre, grazie al nostro intervento, abbiamo creato una trentina di posti di lavoro permanenti e circa 250 stagionali assunti nei villaggi. Persone che hanno come sola alternativa quella dell’emigrazione.

Come ho scritto a Report, è giusto e doveroso denunciare le storture legate alla produzione di biocarburanti, ma allo stesso tempo ritengo sia importante cercare di far conoscere e favorire anche le esperienze come la nostra che, come dimostra l’apprezzamento delle popolazioni e delle autorità locali coinvolte dal nostro progetto, determinano un impatto sociale positivo. E’ assurdo il fatto di dover “criminalizzare” chi investe e rischia (di tasca propria) lavorando nel rispetto delle regole per produrre i biocarburanti, mettendo in risalto solo esempi riprovevoli e dando una visione estremamente negativa dei biocarburanti che, bene o male saranno sempre più necessari e che, se gestiti in modo adeguato, insisto e ribadisco, possono costituire un’importante via di sviluppo sostenibile per le popolazioni del terzo mondo e una fonte di energia pulita per noi.

Spero di avere contribuito al dibattito e vi saluto".

Paolo Ricci.