Thyssen. Condanne ridotte

L'omicidio fu commesso con colpa cosciente. La pena per l'amministratore ridotta da 16 a 10 anni

Thyssen. Condanne ridotte

RIDOTTE LE CONDANNE AI VERTICI DELLA THYSSEN. Secondo i giudici della Corte d'Appello di Torino non fu omicidio volontario ma solo colposo. Fu commesso con colpa cosciente il reato commesso dall'amministratore delegato della Thyssencrupp Herald Espenhahn. La pena a 16 anni di carcere, comminata in primo grado, è stata ridotta a 10 anni. I parenti delle vittime, 7 operai morti nel rogo del 2007, che per protesta contro la sentenza hanno occupato l'aula, hanno reagito con vivaci urla di protesta.

I PARENTI DELLE VITTIME: «MALEDETTI». Sono anche volate parole pesanti come l'espressione «maledetti!» e «questa è la giustizia italiana. Che schifo!». Anche gli altri 5 imputati hanno avuto riduzioni delle pene. Il Pm Guariniello, sostenitore dell'accusa nei due processi, riferendosi al dolo eventuale non riconosciuto dalla corte ha affermato: «noi comunque porteremo avanti questa tesi», aggiungendo poi che comunque in questa materia «non è mai stata erogata una pena così alta. E' un messaggio dato a tutti i giudici e anche ai datori di lavoro».

CGIL E FIOM: «E' UN GRAVE PASSO INDIETRO». La CGIL e la FIOM di Torinio hanno commentato la sentenza sostenendo «siamo di fronte ad un grave passo indietro.Viene meno la novità più significativa del pronunciamento iniziale e cioè il riconoscimento - per la prima volta - della piena e consapevole responsabilità, anche personale, dei vertici aziendali in presenza di un infortunio mortale sul lavoro».

DELUSO PER LA SENTENZA ANCHE L'UNICO SOPRAVVISSUTO. Antonio Baccuzzi è l'unico sopravvissuto alla tragedia che la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 causò la morte atroce di 7 operai investiti da un getto di olio. Baccuzzi, diventato parlamentare del PD in questa legislatura., ha dichiarato «vivo la stessa delusione dei familiari. Mi auguro comunque che l'impianto delle motivazioni possa rappresentare un precedente utile e servire in altre cause di incidenti sul lavoro».

Clemente Manzo