Sanremo welfare

Il Festival come ufficio di collocamento dei fantasmi del passato. L'epopea ingiustificata degli indimenticabili della musica italiana

Sanremo welfare

UN CENTRO PER L'IMPIEGO - Non è giusto che l'industria discografica sfrutti i poveri cantanti melodici, suggendone l'anima per decenni e poi buttandoli via come recipienti vuoti. Anche loro hanno diritto ad una serena vecchiaia, e voi giovani, che non capite nulla di musica, che stonate queste canzonette straniere senza cuore, non potete capire il dramma di chi spende una vita per cantare l'amore, e poi si ritrova superato da certi tunz-tunz e musiche moderne costruite per vendere mode discografiche a breve termine.

SANREMO COMUNISTA - Sanremo è, oggi, l'ultimo pezzo di welfare in grado di salvaguardare le vecchie generazioni dall'abisso del mercato libero, l'ultima cassa mutua prima della demolizione artistica, l'ultima frontiera della flexicurity nel collocamento dei fantasmi del passato. Ve l'immaginate voi un Gianni Morandi cercare lavoro nel libero mercato? Riuscite a pensare che Al Bano abbia un'ospitata opportunamente remunerata al di fuori della rai? E come garantire un futuro a personaggi come Toto Cutugno, Pupo, Zarrillo, che hanno reso famosa l'Italia all'est(ero)? Dopo l'istituzione da parte dei precedenti governi di appositi servizi televisivi per la salvaguardia delle specie in via d'estinzione e delle star che sarebbero altrimenti decadute nel mercato discografico - vere e proprie pioneristiche strategie di traghettamento pensionistico - l'attuale ministro del welfare, sempre alle prese con le cipolle e con il nuovo metodo Stanislavskij - lo yoga del piangere - ha tirato fuori dal fondo salva Italia l'ennesimo intoccabile e dovuto contributo per il Festivàl di SanRemo.

MUSICISTI CASSAINTEGRATI - Non solo. Oltre alle lacrime, il sangue versato dai cantanti maturi sopravvisuti al successo – le royalties tassate e i software peer-to-peer per scaricare musica illegalmente – è stato trasformato in fruttuose politiche del lavoro: ne è un esempio la “cassa-integrazione da tormentone”, uno speciale strumento di difesa sociale per cantanti e gruppi resi famosi da un unico brano, che attraverso un palinsesto di trasmissioni televisive musicali cicliche moltiplicano i proventi siae e i gettoni di presenza. Altro esempio è la “mobilità creativa europea”, uno strumento all'avanguardia che facilita le collaborazioni tra artisti che vivono un momento critico, creando duetti o collaborazioni talmente improbabili, da suscitare, solo per il noto effetto “ma che cazzo sta succedendo?”, incredibili riscontri discografici.

ANCHE MONTI STA DANDO UNA MANO - Questo governo di professori di cose buone ne sta facendo: ha arricchito le politiche attive del lavoro creando “incentivi all'assunzione nei format e nei reality di cantanti in crisi”, “ricollocamento in altra area artistica di musicisti in difficoltà” e poi nel nome del risparmio e della razionalizzazione, ha abolito diversi enti inutili. Quanto ai servizi per il reinserimento delle utenze svantaggiate, poi, c'è solo da essere fieri: è nata da poco la “Fondazione per il cervello” di Loredana Bertè, la “Fondazione per la salvaguardia del cattivo gusto” di Gigi D'Alessio e ha soprattutto riconosciuto come Istituto Superiore di Alta Formazione “Amici” di Maria De Filippi, l'unica scuola certificata per l'addestramento di giovani che vogliono diventare vecchi. E che dire, ancora, dell'unica, vera, misura di sostegno al reddito che è “L'isola dei famosi”? Ha avuto il merito di far conoscere ai giovani esempi di lavoratori dello spettacolo come (ad esempio) Den Harrow, riesumato tra le salme dell'Archeoclub, mandandolo finalmente a riconvertire le sue competenze, imparando un nuovo mestiere: spaccare cocchi invece che maroni. Questa è storia, signori. E il preside di questa grande scuola si chiama Endemol, che a dirla tutta fa pensare ad un'epidemia. Diciamo pure che questa manovra è stata un investimento. Sotto un tram. Ma Sanremo ha resistito, solennemente. Anzi!

LE CRITICHE INGIUSTIFICATE - Qualcuno ha ingiustamente criticato: ma l'ingente spesa per i conduttori, gli ospiti, i cantanti, gli orchestrali, i fiori, la strabiliante scenografia e quant'altro, in un momento così duro per il paese, è davvero necessaria? Signori miei, la tradizione ha un costo. E poi, come valutare forfetariamente il valore dell'amore, dell'ottimismo sprigionati e diffusi dal mitico Festivàl? In quest'epoca di spread, timesheet e startup, come opporsi all'unica nota di felicità espressa da questo evento annuale che tutti dichiarano di odiare, che a nessuno sembra più interessare, che nessuno guarda, eppure, fa parlare di sé da sempre? Come ridursi a meri discorsi quantitativi riguardanti la percentuale, sempre più prossima allo zero, del mercato discografico indotto da San Remo?

IL FESTIVAL CONSEGNATO ALLA STORIA - Non ci sarebbe più tempo per il passato e la memoria in questo paese, senza Festivàl. Un passato che comanda e fa emozionare, un passato che va tutelato, perchè rappresenta quel monito(r) al cambiamento, quel riferimento da non seguire, che le nuove generazioni possono adoperare per giungere ad un'epoca di rivoluzione culturale quanto più lontana da questi standard. A scelta, per voi, il finale.

Finale A: Perchè Sanremo è Sanremo!

Finale B: Proporre il premio alla carriera per Gigione e Donatello.

Finale C: Cos'è Sanremo?

Finale D: Il San Bernardo porta il cordiale, il San Remo porta l'ipod.

Finale E: L'importante è che i fantasmi del passato abbiano sempre un palc-oscenico.

Avete 10 secondi per televotare. E adesso, pubblicità!

Dr. Frankestain