Rimoborsopoli, l'inchiesta si sgonfia: ma i Pm dovevano indagare

Verso l'archiviazione 16 imputati tra cui l'ex governatore Gianni Chiodi. A rischio la posizione di Giuliante, Di Paolo e Di Dalmazio

Rimoborsopoli, l'inchiesta si sgonfia: ma i Pm dovevano indagare

RIMBORSOPOLI, L'INCHIESTA SI SGONFIA. L'inchiesta Rimborsopoli, quella per intenderci che inguaiò l'ex governatore della Regione Abruzzo per la famosa notte all'Hotel Del Sole di Roma con la consigliera di parità Letizia Marinelli sui rimborsi spese degli eletti all'Emicilo, si sgonfia. La procura di Pescara (Pm Bellelli e Di Florio) ha, infatti, chiesto l'archiviazione per l'ex presidente Gianni Chiodi ed altri 16 consiglieri regionali che avevano ricevuto l'avviso di garanzia. Si tratta di: Lanfranco Venturoni, Federica Carpineta, Giorgio De Matteis, Cesare D'Alessandro, Ricardo Chiavaroli, Franco Caramanico, Nicola Argirò, Emilio Nasuti, Antonino Marfisi, Alessanda Petri, Antonio Prospero, Lorenzo Sospiri, Giuseppe Tagliente, Nicoletta Verì, Luciano Terra e Carlo Costantini.

GUAI PER TRE CONSIGLIERI REGIONALI. Al vaglio della magistratura pescarese e che verosimilmente chiederà il rinvio a giudizio, le posizioni dell'ex assessore regionale e attuale consigliere Mauro Di Dalmazio ed i suoi colleghi della ex giunta Chiodi, Lanfranco Giuliante e Angelo Di Paolo. Devono rispondere dell'uso fatto della famosa carta di credito della Regione Abruzzo. Le altre sette posizioni finite sotto la lente del Rimborsopoli sono state, invece, stralciate per competenza territoriale. A Roma, dunque, i fascicoli riguardanti l'ex presidente Chiodi, il suo vice Alfredo Castiglione e gli ex assessori Gatti, Masci e De Fanis; alla Procura di Verona il fascicolo di Mauro Febbo; a Rimini il fascicolo per l'ex Presidente del Consiglio Regionale Nazario Pagano.

SI DOVEVA INDAGARE? Quando uscì l'inchiesta Rimborsopoli, pochi mesi prima dell'inizio della campagna elettorale, molti politici di centrodestra gridarono allo scandalo ed alla "solita" indagine ad orologeria di magistrati politicizzati per favorire il centrosinistra. In realtà, almeno questo è il nostro punto di vista, l'azione della magistratura pescarese doveva essere esercitata, esattamente come avvenuto in altre regioni d'Italia (Emilia Romagna, Lombardia, Lazio, Piemonte, Molise, Calabria, Sicilia, etc). L'Abruzzo, infatti, non è un'isola felice e verificare l'uso che viene fatto del denaro pubblico, fare le pulci alla contabilità di superprivilegiati come i consiglieri regionali, è corretto. Come dimenticare, d'altronde, i rimborsi chiesti da alcuni consiglieri regionali per acquistare vibratori, BMW o mutande verdi ovvero libri dall'eloquente titolo "Mignottocrazia". Per concludere ci auguriamo che gli amministratori abruzzesi coinvolti da Rimborsopoli riescano a dimostrare la loro estraneità ai reati contestati. Noi ne saremmo particolarmente felici.  

Redazione Independent