Quel mattino del "nine eleven"

L'attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono costo' piu' di tremila vite, risveglio' negli americani l'assopito orgoglio nazionale e un forte desiderio di vendetta

Quel mattino del "nine eleven"

QUEL MATTINO DEL "NINE ELEVEN". L'inizio del nuovo secolo diede un pauroso scossone all'intera popolazione americana. L'attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono costo' piu' di tremila vite, risveglio' negli americani l'assopito orgoglio nazionale e un forte desiderio di vendetta. Quel mattino del "nine eleven", come altre decine di migliaia di newyorkesi, ero li',  camminavo di buon  passo lungo Church Street, verso il mio ufficio nel Pan Am Building. Il cielo era azzurro, uno di quei giorni in cui i passanti a Manhattan incontrandoti ti dicono "Hi" anche se non ti conoscono. Notai il primo aereo e subito pensai: e' nei guai, sta perdendo quota. Mi fermai  a guardare: mio dio, l'aereo era diretto contro una torre. In un  attimo si infilo' nella parte superiore della costruzione come un coltello affonda in una fetta di formaggio. In quel momento non si ragiona, si sente solo il cuore battere forte. Attorno, alcune donne urlavano a squarciagola. Subito dopo comparve il secondo aereo e non ci volle molto per capire che si trattava di una manovra studiata, come quelle dei kamikaze giapponesi. Una donna davanti a me urlava "what will i do", che cosa devo fare. Un cagnolino mi seguiva passo passo, dio che tristezza. Lentamente una montagna di fumo nero ci avvolse, rendendo quasi impossibile l'orientamento, sbattevamo l'uno contro l'altro, ma nessuno diceva niente. Io corsi e corsi, e riuscii ad evadere dalla cortina di fumo, con la bocca piena di polvere e calcinacci. C'erano migliaia di persone giovani e anziani, con il naso all'insu' e sentivo bestemmiare, preghiere, urla di vendetta. Ero molto sporco. Per un po' tenni in casa il vestito che indossav quel giorno poi decisi di bruciarlo. Ogni volta ritornavo a quel giorno di febbraio che mi ero illuso di dimenticare: alla casa dei miei distrutta dalle bombe, a mio padre ucciso al mio fianco, a mio fratello Franco che mi tirava fuori dalle macerie.

Benny Manocchia