L'uomo che morde il cane

La vicenda dell'assessore all'Urbanistica Pierfrancesco Maran (PD) che ha rifiutato una casa come tangente ricorda la celebre massima di John B. Bogart, caporedattore del New York Sun

L'uomo che morde il cane

L'UOMO CHE MORDE IL CANE. «Il cane che morde l’uomo non fa notizia… ma un uomo che morde un cane sì». Questa massima datata 1882 e attribuita a John B. Bogart, caporedattore del New York Sun, non sempre è vera. Pigliamo per esempio il recente caso dell'assessore milanese Pierfrancesco Maran. “Maran chi?” direbbero in molti. Per chi non lo conoscesse Maran, 38 anni, è l’attuale assessore all’urbanistica, all’agricoltura e al verde presso il Comune di Milano nella giunta Sala. Pensate un po', il meneghino avrebbe avuto il coraggio di rifiutare una casa offertagli dall'immobiliarista Parnasi attualmente ospite delle patrie galere per lo scandalo del nuovo stadio della Roma. Secondo glI inquirenti, poiché l’obiettivo di Parnasi sarebbe stato quello di costruire uno stadio a Milano come a Roma, bisognava ungere le ruote. E’ quanto risulterebbe da una intercettazione telefonica secondo cui gli uomini del costruttore Parnasi avrebbero offerto a Maran una casa che lui ha rifiutato sdegnosamente. Come gli stessi emissari di Parnasi riferiscono nella telefonata intercettata dagli inquirenti: "Ha detto di no aggiungendo che non voleva per il c... chi lo ha votato” concludendo “Abbiamo fatto una brutta figura” . Siccome di questi tempi un politico così è merce rara, mi aspettavo di leggere sui giornali titoli a tutta pagina del tipo: "ECCO UN POLITICO CHE NON SI FA CORROMPERE". A me la notizia sembrava esplosiva come quella dell'uomo che morde il cane. Mi sbagliavo. Le rassegne stampe dei giornali ne hanno fatto appena un cenno come se rientrasse nella norme che un politico non si lasciasse corrompere come appunto “il cane che morde l’uomo” non fa notizia. Col senno di poi mi rendo conto che sono stato un ingenuo: in effetti un politico onesto, incensurato e per giunta esponente del PD nelle cui fila numerosi sono gli indagati, è decisamente pericoloso, potrebbe dare il cattivo esempio. Non è certo un caso che, nonostante i progressi, l’Italia figura ancora al 46emo posto nella speciale classifica sulla libertà di stampa elaborata da Reporters sans frontières.

Clemente Manzo