L'Aquila. Truffa da 2 milioni coi fondi per le imprese del cratere

Sequestrato un immobile commerciale ad un imprenditore 63enne. Coinvolto un geometra pescarese per una falsa perizia

L'Aquila. Truffa da 2 milioni coi fondi per le imprese del cratere

FONDI PER LE IMPRESE DEL CRATERE: LA GUARDIA DI FINANZA SCOPRE UNA TRUFFA DI OLTRE 2 MILIONI DI EURO E SEQUESTRA UN IMMOBILE COMMERCIALE. In esecuzione di un provvedimento emesso dal G.I.P. del Tribunale di L’Aquila Dott. Marco Billi, su richiesta della Procura della Repubblica, i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di L’Aquila hanno posto sotto sequestro un immobile commerciale a Bazzano sulla S.S.17.

Il provvedimento scaturisce a conclusione di indagini della Guardia di Finanza, coordinate dal Procuratore della Repubblica dott. Fausto Cardella e dal P.M. dott. Stefano Gallo, che hanno rivelato una truffa per conseguire indebitamente fondi comunitari destinati al ripristino delle attività produttive nella zona del cratere. I fondi indebitamente conseguiti ammontano a quasi 2,3 milioni di euro. Per tale ragione è indagato O. P., 63 anni di L’Aquila, imprenditore proprietario, attraverso una sua impresa, dell’immobile sequestrato. Deve rispondere di truffa ai danni dello Stato.

Insieme a lui, risponde di concorso nel medesimo reato F.B., 60 anni di Pescara per aver redatto una perizia rivelatasi infedele. Il provvedimento ablativo, è nella forma tecnicamente definita “per equivalente”, cioè fino a concorrenza del danno procurato ed è finalizzato alla confisca.

L’imprenditore, per accedere ai contributi, aveva falsamente attestato alla Regione Abruzzo di aver fatto ripartire l’impresa entro il termine previsto dalla normativa e cioè il 31.12.2010. In realtà la documentazione che avrebbe dovuto attestare questo adempimento, necessario per conseguire il saldo dei finanziamenti pubblici accordati, non era riferibile all’attività d’impresa per la quale esso era stato richiesto – locazione di immobili commerciali. Tale attività, in effetti, secondo le indagini non è stata riattivata nei termini previsti, bensì oltre due anni dopo quanto attestato dall’indagato.

Questi, per ingannare l’Ente erogatore, aveva presentato documenti fiscali riferibili ad un’altra sua attività.

Inoltre, per dimostrare di aver ripristinato/incrementato i propri livelli occupazionali, ulteriore requisito richiesto dal bando, ha utilizzato l’espediente di indicare alla Regione l’assunzione di un lavoratore, anche in questo caso, riguardante una diversa attività rispetto a quella per la quale erano stati
concessi i fondi comunitari.

Redazione Independent