Agli Agnelli va la FCA, agli operai in cassa integrazione la sfiga

Il dramma dei cassaintegrati che vivono con 800 euro al mese. Prosegue intanto la desertificazione industriale dell'Italia

Agli Agnelli va la FCA, agli operai in cassa integrazione la sfiga

AGLI AGNELLI VA LA FCA AGLI OPERAI IN CASSA INTEGRAZIONE LA SFIGA. Non ho il minimo dubbio che la decisione di chiamare la nuova azienda degli Agnelli FCA, sia stata una scelta molto ponderata e niente affatto affidata al caso come molti possono pensare. Gli spin doctor di Marchionne, soprannominaro a ragione il marpione, hanno avuto un'idea geniale pensando a questa sigla che, a differenza che da noi, nel resto del mondo non coinvolge emotivamente le persone e non significa niente di più del suo acronimo cioè Fiat Chrysler Automobiles. Nella nostra lingua invece l'espressione
FCA rimanda a un potente richiamo sessuale che evoca dall'inconscio appetiti erotici, almeno in prima battuta. Solo dopo, ma in maniera ormai depotenziata, cogliamo il senso razionale del messaggio della nuova sigla e cioè che la Chrysler ha assorbito la Fiat e non viceversa come ci hanno fatto credere. Siamo di bocca buona noi italiani, dateci la FCA, che smuove il mondo, e siamo contenti! Come ci conosce bene il "marpione"! Invece di incazzarci perché se ne va un pezzo di storia della nostra industria, lui sa che pensiamo a  riempire i social netwoork di battute licenziose ed ammiccanti. Non mi meraviglierei se "marpione", di origini chietine ma con residenza fiscale in Svizzera, pensasse ad un logo ancor più evocativo della sigla stessa, e cioè le dita del pollice e dell'indice delle due mani unite  e che nel 68 le femministe arrabbiate mostravano in segno di riscatto.

IL DRAMMA DEI CASSAINTEGRATI FIAT CHE VIVONO CON 800 EURO AL MESE. Solo alle migliaia di lavoratori Fiat in cassa integrazione non viene da ridere pensando alla FCA. Sanno bene quanto è duro vivere con 800 euro al mese e quante lacrime e quanto sangue sono costati allo Stato finanziare le iniziative industriali della FIAT tra sgravi fiscali, contributi pubblici vari, cassa integrazione guadagni ordinaria ed in deroga e prepensionamenti. Si parla di una cifra impressionante: di 220.000 miliardi dal 1975 in poi. Basti pensare che l'incentivo dato alle case automobilistiche per la rottamazione, voluto dal governo Prodi nel 97, è costato allo Stato complessivamente 2.100 miliardi. Siccome la Fiat, all'epoca, deteneva in Italia una quota del 40% della vendita di autoveicoli, abbiamo elargito agli Agnelli circa 800 miliardi. E scusate se è poco. E tutto questo senza avere nulla in cambio in termini di innovazioni tecnologiche e di occupazione. Tant'è che l'auto ibrida o elettrica è ancora nel cassetto dei sogni per il gruppo di Detroit, mentre le altre case producono già da tempo questi tipi di auto. Dopo il danno arriva anche la beffa: prima siamo stati spremuti come limoni, dopo di che, gli Agnelli, per ringraziamento, se ne vanno nel Regno Unito dove le tasse sono più basse che in Italia. Ed è giusto così perchè, come sostengono i soloni della nostra economia, nell'UE c'è la libertà dei capitali di circolare, che tradotto significa libertà di prenderlo lì. All'Italia, il marpione, lascia in eredità da pagare la cig ordinaria ed in deroga di migliaia e migliaia dei lavoratori Fiat, che colpisce quasi la metà degli stabilimenti italiani.

LA DESERTIFICAZIONE INDUSTRIALE DELL'ITALIA. L'amaro commento di Michele De Palma, coordinatore nazionale Fiat-auto della Cgil è stato: "un lavoratore in Cig paga più tasse di quanto ne paga adesso la FIAT". Bonanni e Angeletti invece gongolano per la decisione di stabilire la sede legale in Olanda e quella finanziaria in UK. Bonanni addirittura rivendica in parte il merito della fusione Chrysler Fiat e Agnoletti, privo del minimo senso del pudore ha affermato "Quella della Fiat non è una fuga, abbiamo (ndr noi e non gli Agnelli) una nuova azienda che è molto più solida di prima". Dimentica il leader dell Uil che quasi certamete in Italia resteranno solo le produzioni delle linee di lusso come quella dell'Alfa, della Maserati e della Ferrari. Con l'accordo di Pomigliano, che ha escluso la Fiom, Cisl e Uil pensavano illusoriamente di poter ottenere dalla FIAT, in cambio della rinuncia ai diritti e a parte del salario, la conservazione del posto di lavoro. E siccome i ricatti come le sventure non vengono mai sole, c'è chi che, come l'ELETTROLUX, minaccia di andarsene in Polonia se gli operai non accettano una drastica riduzione della paga e dei diritti. La desertificazione dell'industria italiana avanza senza soste, mentre governo e partiti di tutti gli schieramenti sono tranquilli e sorridono perché hanno trovato a chi dare la colpa dei loro fallimenti e misfatti: al M5S ed al suo guru Grillo che gentilmente si è prestato a fare da vittima sacrificale.

Clemente Manzo